Sam Taylor-Johnson inizia a sperimentare e lavorare nel campo della fotografia e dei video dall’inizio degli anni ’90. Le sue immagini e i suoi filmati spesso esaminano le condizioni sociali e psicologiche dell’uomo contemporaneo. L’artista britannica mostra attraverso i suoi scatti riflessioni e conflitti interiori: i soggetti principali dei suoi lavori sono infatti spesso il contrasto tra l’essere e l’apparire e la discordanza tra mondo interiore ed esteriore. I personaggi entrano a far parte di scenari conflittuali dove il senso di interiorità diventa fragile e si confonde con la realtà oggettiva. Sam in molti dei suoi progetti offre un punto di vista alternativo, riprendendo il protagonista in modo insolito, spesso in momenti intimi. Nel video-ritratto a David Beckham, la celebrità tra le più fotografate al mondo, viene ritratta serenamente addormentata, evidenziando un suo momento personale che l’osservatore non è abituato a conoscere, mentre “Crying Men” è una serie di ritratti fotografici che ritraggono le lacrime e le espressioni contorte di celebrità maschili in momenti di sconforto. L’artista britannica crea anche immagini anche inquietanti, come in “A little Death”, che mostra il processo di decomposizione di una lepre morta.
“Sento di realizzare autoritratti sospesi in momenti della mia vita in cui mi guardo intorno e valuto dove mi trovo, non solo geograficamente, ma anche emotivamente e spiritualmente. Momenti in cui sento di avere i piedi in questo mondo, ma allo stesso tempo allungo le braccia per cercare di capire un’altra dimensione.”
La vita dell’artista è sempre stata divisa tra Los Angeles e il Regno Unito, ma il suo essere in bilico tra due mondi non deriva soltanto tra il trovarsi costantemente in viaggio tra due continenti, ma anche dall’io fisico e dal suo pensiero interiore impalpabile. Le fotografie di grandi dimensioni della sua nuova mostra, intitolata Wired, alla Galleria Lorcan O’Neill di Roma rappresentano la sua ricerca verso un pieno equilibrio. La mostra, aperta al pubblico dal 16 dicembre al 25 marzo, espone auto-ritratti fotografici che ritraggono l’artista sospesa nell’aria del parco nazionale del Joshua Tree, il deserto roccioso della California, legata a cavi e attrezzi da costruzione. Le fotografie esplorano la vulnerabilità della condizione umana e la precarietà della vita in mezzo a tutti i suoi apparenti successi. Il sole cocente abbaglia l’ambiente e al centro del paesaggio roccioso punteggiato da cactus e arbusti appare il corpo sospeso dell’artista, in bilico fisicamente ed emotivamente, inserita in un contesto che ritrae il suo stato d’animo interiore. Auto americane d’epoca, gru, palloni aerostatici che circondano la sua silhouette leggera indicano sogni e aspirazioni di successo e di abbondanza. Le immagini immerse nell’azzurro intenso del cielo la ritraggono forte, stabile e sicura, ma in realtà la posizione evidenzia la sua vulnerabilità, ritraendo perfettamente il suo stato emotivo conflittuale e precario.
“In quest’epoca in cui ogni immagine viene ritoccata, mi è sembrato veritiero mostrare il macchinario che mi sosteneva in aria e mi teneva sospesa tra terra e cielo”