Il progetto della nuova Biennale del Whitney ha iniziato a prendere forma alla fine del 2019, quando il mondo era un posto diverso da quello di oggi sotto diversi aspetti della nostra vita quotidiana: socialmente, politicamente e dal punto di vista sanitario.
Anche se le attuali condizioni non ci sono nuove, le loro intersezioni, la loro intensità e la loro ubiquità hanno creato un contesto in cui passato e presente si sono mescolati.
La mostra è una riflessione su questi tempi precari e improvvisati attraverso il lavoro di 63 artisti, tra cui anche dei collettivi, che abbracciano generazioni, medium e confini geografici; i loro contributi sono dinamici e si trasformano in forme diverse nel corso della mostra. Le opere d’arte cambiano, i muri si muovono e le performance animano le gallerie e gli oggetti circostanti, come per esempio le Space Poems di Renée Green, una serie di striscioni colorati che includono disegni, frasi, versi, diagrammi o nomi, un archivio di interessi e pensieri dell’artista.
Un altro esempio di produzione interessante è il lavoro dell’artista Lucy Raven, che nella sua trilogia di immagini in movimento “Westerns”, si è servita di varie telecamere e tecniche di rappresentazione, catturando la traiettoria delle onde d’urto a pressione che si muovono attraverso l’atmosfera sulla scia di un’esplosione.
ll fatto che gli spazi cambino e si trasformino costantemente nel corso dell’intera mostra, evidenzia la polarità dei profondi contrasti nella nostra società. E così, anche le contraddizioni all’interno dell’ambiente museale sono lampanti: un piano è un labirinto, uno spazio buio, mentre il piano sottostante è uno spazio aperto, pieno di luce.
A questo proposito, il lavoro di Buck Ellison è un chiaro esempio della polarità della nostra società, in quanto ritrae Erik Prince, fondatore della società di sicurezza privata Blackwater, mentre vive la sua vita in un ranch nel Wyoming nel 2003, quando la società da lui fondata ricevette il suo primo alto profilo statunitense, e pochi anni prima che le sue guardie massacrassero 14 iracheni nella piazza Nisour di Baghdad.
Ellison inscena le sue immagini coinvolgendo attori, procurandosi oggetti di scena, e selezionando attentamente tutti i luoghi delle riprese.
“Sono interessato a ciò che accade quando uno spettatore è costretto ad avvicinarsi a un “famigerato criminale di guerra”. La telecamera aiuta a generare il desiderio, ma sono curioso di sapere se ci permette anche di essere curiosi o di provare empatia verso una figura come Erik”, confida Ellison.
Su questa stessa linea è interessante l’arte documentaristica di Alejandro Morales: poiché durante la pandemia non gli era permesso tornare nella sua città natale in Messico, ha iniziato a ricercare immagini della città su Google Maps. L’artista, che tipicamente attinge i suoi materiali da fonti d’archivio, ha trovato immagini della città che documentano scene quotidiane ma anche prove della guerra, del traffico di droga, e della militarizzazione, che hanno avuto un forte impatto sulla città. Il risultato è quello che l’artista ha definito una “tassonomia non solo della città, ma anche dell’estetica dell’elaborazione di Google: glitch, sovrapposizioni e sfocature, così come l’architettura della città, fiori e alberi, lavoratori, animali e la sua militarizzazione”.
“Piuttosto che proporre un tema unificato, offriamo una serie di intuizioni nel corso di tutta la mostra”.
Da questo ne consegue che l’arte concettuale guidata dalla ricerca può combinare la ricchezza delle idee alla materialità; che le narrazioni personali analizzate attraverso la cultura politica, letteraria e pop, possono riferirsi a quadri sociali più ampi; che l’arte può complicare il significato di cosa sia davvero “Americano”, superando i confini fisici e psicologici del paese; e che il nostro momento presente può essere ripensato attraverso modelli artistici sottovalutati e artisti che non ci sono più.
Una mostra deliberatamente intergenerazionale e interdisciplinare, che ci suggerisce che le possibilità culturali, come quella estetica e politica, partono da un grande scambio e dalla condivisione.