Torbjørn Rødland realizza immagini fotografiche, prodotte attraverso fotocamere a pellicola e processi chimici, che si rivolgono in modo diretto agli spettatori, evocando in loro diverse emozioni e reazioni psicologiche: la curiosità e la criticità, l’umorismo e il romanticismo sono elementi che compaiono in tutto il suo lavoro e spesso anche nelle stesse immagini. I suoi scatti infatti provocano nello spettatore una reazione di repulsione e di attrazione allo stesso tempo, di intimità e di estraneità rispetto ai soggetti ritratti. Attraverso l’arte della fotografia Rødland riflette e approfondisce alcuni aspetti della quotidianità con uno sguardo particolare, personale e poetico. “Old Shep” è la sua quarta mostra personale presentata alla Galerie Eva Presenhuber: l’artista sceglie la triste canzone di Elvis come titolo dell’exhibition perché racconta la storia di un ragazzo e il suo cane, che passano l’intera vita al loro fianco. Le fotografie presentate infatti ruotano attorno al tema del tempo: persone, piante e oggetti in momenti di transizione e di scomparsa, punti di rottura in cui finisce una fase della vita e ne inizia un’altra.
Fiori rosa leggermente cadenti supportati da un pezzo di legno, un uomo anziano e pesante con barba e cappello che cerca sostegno da un enorme tronco d’albero, un paesaggio collinare che ospita una sedia strappata e immortalata come uno scheletro bianco. In tutte queste immagini è presente il tema della vanitas, un’ossessionante simbologia di caducità, trasformazione e infine di morte. Le fotografie di Rødland appaiono sempre facilmente tangibili nel loro immaginario, ma guardandole attentamente trasmettono una dimensione psicologica che va oltre l’elemento raffigurato, come i gusci d’uovo che sembrano leggeri come piume e quasi ultraterreni, richiamando un simbolismo seducente e allo stesso tempo morboso. Il rimando di scenari artificiali e stereotipati di Hollywood è un altro aspetto che si denota nelle fotografie di Rødland, che dopo essere nato e cresciuto in Norvegia, vive da tempo a Los Angeles: l’immagine delle scarpe da ballo rosse con i calzini bianchi a pois che sottomettono il cane con il pelo riccio potrebbe provenire direttamente da un musical americano degli anni Cinquanta. Un’immagine, come tante altre dell’artista, che sembra delicata e innocente, ma che in realtà nasconde un senso di potenziale pericolo e violenza.
Rødland fa appello alla nostra memoria visiva generale, ma non senza sconvolgerla in modo quasi surrealista.
Le fotografie di Rødland costringono lo spettatore a fermarsi e riflettere, nonostante la difficoltà suscitata dalle immagini a volte strane e irritanti. È proprio con lo stop-and-go dello sguardo, con l’avanti e indietro della temporalità che l’artista inserisce l’osservatore nelle sue immagini. Il tema del tempo che viene presentato nella mostra è presente anche nella riflessione dell’artista riguardo il suo lavoro: il senso di lentezza dello studio di Rødland è opposto al ritmo folle della fotografia dei giorni nostri e rende ancora attuale il vecchio tema della morte insito nella pratica, tanto più in un’epoca in cui le immagini scompaiono più velocemente di quanto possano manifestarsi nello spazio e nel tempo.
Per maggiori informazioni presenhuber.com.