Stephen Shore: Vehicular & Vernacular
Fondation Henri Cartier-Bresson
June 1st – September 15, 2024
Nato a New York nel 1947, Stephen Shore inizia a scattare all’età di nove anni. A quattordici, Edward Steichen acquistò tre sue fotografie per le collezioni del MoMA – e nel 1971 era già il primo fotografo vivente ad avere una mostra personale al Metropolitan Museum. Shore è stato non a caso uno degli otto fotografi inclusi nella mostra New Topographics del 1975 presso la George Eastman House di Rochester, che ridefinì l’approccio al paesaggio americano. Parte di una generazione che ha portato al riconoscimento della fotografia a colori come forma d’arte, il suo lavoro trasforma scene quotidiane in momenti meditativi non banali e per nulla scontati sullo sfondo di un paesaggio ricco, variegato e complesso. A partire dagli anni Sessanta, la mutevolezza è stata centrale nella sua pratica, e nei vent’anni a seguire Shore ha intrapreso diversi viaggi attraverso gli Stati Uniti, dando vita alle sue due serie più famose: American Surfaces e Uncommon Places, tuttora le migliori percezioni visive delle microrealtà nazionali dai tempi di The Americans di Robert Frank.
“Vedere qualcosa di ordinario, qualcosa che vedi ogni giorno, e riconoscerlo come una possibilità fotografica. Questo ciò che voglio fare”.
Il lavoro di Shore è permeato da molteplici questioni estetiche e culturali, tra cui gli aspetti vernacolari del paesaggio: un interesse costante nella fotografia nordamericana; la cultura dell’utile, del locale e del popolare fortemente tipica degli Stati Uniti. Il suo approccio alla fotografia è allo stesso tempo distaccato e contemplativo, caratterizzato da un’economia dei mezzi volutamente sobria. Shore paragona spesso il processo di scattare fotografie a una delle sue attività preferite: la pesca. “Ho scoperto con l’esperienza che ogni volta che la mia attenzione vaga o distolgo lo sguardo, sicuramente un pesce abboccherà all’amo e sarò troppo tardi per fissarlo. Osservo l’amo con calma e attenzione, così che quando il pesce abbocca — io abbocco. Poi la lenza si tende, inizia il gioco del pesce, e il tempo si ferma. La pesca, come la fotografia, è un’arte che richiede intelligenza, concentrazione e delicatezza”.
Indiscutibilmente il primo tratto distintivo della pratica di Shore è la ricerca della massima chiarezza. Negli anni Settanta, ha iniziato a utilizzare una fotocamera a grande formato da 8×10 pollici, favorito dai progressi tecnici delle fotocamere digitali, che permettono una precisione estrema ma sono molto più facili da maneggiare rispetto alle tradizionali fotocamere a vista. Un altro principio guida nella maggior parte delle sue fotografie è il rispetto per la luce naturale: il suo lavoro non include immagini scattate di notte e raramente sono presenti la luce artificiale o il flash. I suoi passaggi tra il colore e il b&w, l’uso sia delle tecnologie analogiche che digitali, e la costante variazione di scala e soggetto hanno prodotto un corpo di lavoro visivamente disparato in cui la regola prevalente è l’assenza stessa di esse.
La mobilità di Shore gli permette di moltiplicare prospettive e incontri con questa americanità: nelle opere selezionate per Vehicular & Vernacular, il veicolare è, infatti, messo al servizio del vernacolare. Attraverso più di cento immagini scattate tra il 1969 e il 2021 attraverso gli Stati Uniti, la mostra presso la Fondation Henri Cartier-Bresson è la prima retrospettiva del lavoro di Shore a Parigi dopo diciannove anni. L’esposizione presenta Uncommon Places e American Surfaces accanto a progetti meno conosciuti mai esposti in Francia. Un frammento della mostra Signs of Life, alla quale Shore partecipò nel 1976, è stato eccezionalmente ricreato per l’occasione.
“Mi interessa il pensiero visivo. C’è qualcosa di molto personale e rivelatore in questo tipo di pensiero che trovo semplicemente affascinante”.
Per maggiori informazioni henricartierbresson.org.