MANIFESTO

#64

MUSE TWENTY FANZINE

LIMINAL

2024.03.15

Testo di Francesca Fontanesi

Innovatore della tecnica della post-production, Pierre Huyghe si è sempre interrogato sul rapporto tra l’umano e il non umano.

Pierre Huyghe: Liminal
Punta della Dogana, Venice
From March 17th to November 24th, 2024 

 

 

Pierre Huyghe nasce nel 1962 a Parigi. Ha frequentato l’École Supérieure d’Arts Graphiques e poi l’École Nationale Supérieure des Arts Décoratifs. Nel 1995 orchestrato Mobile TV, una stazione televisiva che trasmetteva programmi di vari artisti, per l’Institut d’Art Contemporain a Villeurbanne, in Francia, nel 1995 e per il Centre d’Art Le Consortium a Dijon nel 1997. Alla fine degli anni Novanta,  è diventato un vero e proprio innovatore della tecnica della post-production, riutilizzando i mass media esistenti all’epoca, come i film, per creare nuove forme d’arte: nella proiezione su triplo schermo di L’Ellipse (1998), Huyghe rallenta un taglio interno dal film del 1977 di Wim Wenders, The American Friend, e lo amplia aggiungendo filmati personali del protagonista del film, Bruno Ganz, in cui interpreta una scena di cui il film stesso è mancante; una passeggiata attraverso la città, da un appartamento all’altro, tra telefonate importanti. Questa scena extra attira l’attenzione sui vuoti temporali nei film di finzione, vuoti che la nostra immaginazione riempie e sul ruolo dello spettatore nel completare l’opera dell’arte narrativa. L’artista si è sempre interrogato sul rapporto tra l’umano e il non umano e concepisce le sue opere come finzioni speculative da cui emergono altre forme di mondo possibili: le finzioni sono per lui mezzi per accedere al possibile o all’impossibilea ciò che potrebbe o non potrebbe essere. La mostra concepita da Huyghe in collaborazione con la curatrice Anne Stenne presso Punta della Dogana, Liminal, presenta nuove importanti creazioni, affiancate a opere degli ultimi dieci anni, provenienti in particolare dalla Pinault Collection.

“Inizio sempre un progetto creando un mondo. Poi desidero entrarci dentro, e il cammino attraverso di esso è il mio lavoro”.

– Pierre Huyghe

Ogni indagine è per l’artista francese una struttura aperta e in continuo divenire, una piena funzione di significato, una sperimentazione di nuovi sistemi di interazione. Quello che ricerca nella sua pratica è una comunione sociale di espressione e ricerca artistica, la volontà di entrare in contatto diretto con realtà e comunità che permeino uno scambio relazionale e interpersonale unico. Huyghe, prima di avvicinarsi al mondo dell’arte, che lo conquista rapidamente, frequenta ambienti culturali alternativi vicini a movimenti anarchici e all’estetica punk; gli interventi urbani e sociali, intrinsechi di cambiamenti insiti all’evoluzione, hanno fatto si che la sua volontà di sperimentazione si espandesse sempre più, considerando aspetti ogni giorno più ampi e lati al mero ambito artistico. Le tecniche impiegate sono state diverse, tra cui la fotografia e il video, il film, l’installazione, e il lavoro su carta e legno. Lo spazio stesso diventa oggetto di ricerca, d’espressione e d’esposizione, come mezzo utilizzato per fare emergere nuovi aspetti della sua realtà, e come strumento per raccontare esperienze comuni. A partire dagli Ottanta, Pierre Huyghe inizia a collaborare con diversi grandi nomi per la realizzazione di nuove performance, analizzando linguaggi che oscillano tra forti valenze tecniche e simboliche, e reinterpretando le pratiche considerate da altri artisti. A Punta della Dogana, presenta una raccolta inedita di opere, la prima grande collezione mai esposta fino ad ora. L’intero ambiente diventa il vero medium, raccontando una condizione in cui spazio e tempo diventano parte integrante all’opera stessa.

Popolata da entità inumane, umane e non umane, attraversata da fenomeni naturali o artificiali, la mostra esplora, in tempo reale, le condizioni che permettono a entità diverse di coesistere, a volte persino di ibridarsi, senza distinzione gerarchica.

Ogni suo lavoro è concepito come una sorta di finzione speculativa in cui Huyghe si sente in dovere e in possibilità di unire forme diverse di intelligenza, pratica e pensiero; ogni aspetto si evolve e muta insieme al corso della stessa esposizione. La soggettività è uno degli altri punti cardine alla base del suo lavoro, l’entità umana e non umana viene resa qui colma di fenomeni naturali e artificiali che permettono l’ibridazione di aspetti differenti. Insieme a questi concetti, emerge da quest’ultima raccolta di opere, la volontà di lasciare emergere quello che rimane al di fuori di ogni logica e comprensione umana. La percezione della realtà viene distorta, messa in discussione. La costruzione di altre realtà possibili genera la possibilità di interdipendenza tra gli esseri. Un volto attuale, quello di Pierre Huyghe, che in dissolvenza si trasforma in un ambiente libero da ogni vincolo.

Pierre Huyghe, After A Life Ahead, 2017. Photo Ola Rindal © Pierre Huyghe, by SIAE 2023.
PIERRE HUYGHE, OF IDEAL, 2019-ONGOING, EXHIBITION VIEW IF THE SNAKE, OKAYAMA ART SUMMIT, 2019. COURTESY THE ARTIST, TARO NASU, MARIAN GOODMAN GALLERY, HAUSER AND WIRTH. COPYRIGHT KAMITANI LAB/KYOTO. PHOTO OLA RINDAL © PIERRE HUYGHE, BY SIAE 2023.

Per maggiori informazioni pinaultcollection.com.

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