Jessie Makinson è nota per le sue rappresentazioni umoristiche, fantasiose e talvolta inquietanti di figure femminili realizzate all’interno di dipinti, disegni e installazioni che prendono spesso ispirazione dalla mitologia classica, da canoni storici dell’arte, dalla fantascienza e dalla cultura popolare contemporanea. L’artista londinese attraverso il suo mondo artistico cerca di ridefinire i ruoli e le possibilità delle donne nell’arte in un’immagine apparentemente disordinata, ma che se analizzata in profondità segue una vera e propria struttura poetica. Lo spettatore si appassiona alla storia narrativa al punto da riflettere sulla rappresentazione come se fosse un personaggio del dipinto. La Makinson continua il suo processo di rappresentazione delle figure femminili in ambienti fantastici con una nuova mostra a Los Angeles presso la Galleria François Ghebaly intitolata Hoof on Bone. Ancora una volta l’artista imprime la sua firma androgina con molteplici riferimenti letterari e mitologici che vanno a formare scene di ricca socialità, guidate dalla voce narrante di lei stessa.

Per il suo ultimo lavoro Jessie Makinson affronta nuove tematiche accostate ad altre più familiari, mescolando soggetti che derivano da riferimenti disparati attraversando secoli di letteratura, arte visiva e tradizione. All’interno del suo ordinato disordine si trovano richiami a vigenti politiche georgiane, al robot di Adam Wisniewki-Snerg, a fate e ad avvistamenti di UFO. Hoof on Bone, il titolo della mostra, deriva invece dal romanzo storico di Hillary Mantel del 1992, A place of greater Safety, durante una scena in cui uomini a cavallo sottomettono violentemente una folla di ribelli della Rivoluzione Francese: oltre al significato letterale della frase, il titolo per l’artista descrive unione “di dove, quando, e perché l’uomo e l’animale si incontrano”. Le figure femminili antropomorfe con corna, code e folte pellicce che si contorcono tra di loro davanti a paesaggi semi-astratti vivono il mondo fantastico dell’artista e creano una vera e propria narrazione che grazie a dettagli studiati rendono realistica l’immagine.
“Penso al punto in cui le figure e gli spazi si incontrano. Al luogo in cui la stoffa tocca la pelle, a come i corpi si premono l’uno contro l’altro nei momenti di piacere e di trauma.”
La testa mozzata, elemento cupo che riprende l’immagine di Medusa, è un modo giocoso per l’artista di indicare la socialità animalesca e spesso maliziosa che caratterizza le sue stesse immagini. I dipinti della Makinson dietro figure femminile o di animali nascondono un complesso senso di esplorazione interiore e personale: i formati più piccoli come I know that bird (2022) e Can I have my kiss back? (2022) evidenziano l’interesse di Jessie per le forme umane e animali come contenitori di luce, colori e spazio. La tavola The smell of hysterics (2022) invece offre esempi isolati e più formali dello studio cromatico. Le ispirazioni dell’artista provengono da mitologia e cultura classica, trovando la sensibilità di ricreare una narrazione moderna e ricca di significati nascosti, nel giusto equilibrio della sua sensibilità disordinata e lo strano ordine dei nostri tempi.
Per maggiori informazioni ghebaly.com.
“Si infastidiscono a vicenda, si preoccupano l’uno dell’altro, si tagliano la testa a vicenda. Mettono le mani l’uno dentro l’altro. Come se fossero chirurghi o macellai o meccanici che riparano un robot.”