La prima personale italiana dell’australiano Ron Mueck si svolge alla Triennale di Milano, luogo che da sempre riesce a captare l’esigenza contemporanea di avere una visione radicale verso le arti visive e performative. La mostra costituisce anche l’occasione di sottolineare il duraturo sodalizio tra Triennale Milano e Fondation Cartier pour l’art contemporain, istituzioni europee caratterizzate da un approccio multidisciplinare, che condividono una medesima visione sulla cultura e la creazione artistica. La mostra Ron Mueck è di fatto l’evoluzione del progetto espositivo tenutosi a Parigi nell’estate 2023, concepito da Fondation Cartier in stretta collaborazione con l’artista, terza tappa di un dialogo incessante tra lo scultore e l’istituzione francese, avviato nel 2005 e proseguito nel 2013. Il percorso espositivo in Triennale si compone di sei opere che chiedono in modo incessante allo spettatore di essere abitate: la sensazione davanti a In Bed (2005), una gigantesca rappresentazione di una donna stesa a letto, con la testa sollevata contro i cuscini, è di preoccupazione, forse nasconde una volontà di prendersi gioco dello spettatore sottomettendolo e istigando in lui un forte complesso di inferiorità. Ma nonostante la taglia colossale, la scultura appare delicata e intima: le dimensioni fuori scala alterano la prospettiva, creando una sensazione di vicinanza con una persona i cui pensieri sembrano essere rivolti altrove. Il percorso prosegue con la monumentale installazione Mass, 2017, esposta per la prima volta fuori dall’Australia in occasione di questo progetto che illustra gli sviluppi più recenti della pratica artistica di Mueck.
“Lo scheletro umano è un oggetto complesso. Un’icona potente, grafica, che riconosciamo immediatamente. Allo stesso tempo familiare ed esotico, il teschio disgusta e affascina contemporaneamente. È impossibile da ignorare, richiede la nostra attenzione a un livello subconscio.”
Nella sua dimensione e ambizione monumentale, Mass è l’opera dalla quale si dipana la mostra e rappresenta una pietra miliare nella carriera dell’artista. Commissionata dalla National Gallery of Victoria (Melbourne, Australia), è un’installazione composta da cento gigantesche sculture di teschi umani disposti in dialogo con lo spazio espositivo. L’installazione offre un’esperienza fisica e psicologica che cattura i visitatori e li incoraggia a riflettere sugli aspetti fondamentali dell’esistenza umana. Il titolo offre un assaggio delle differenti interpretazioni cui l’opera si presta. La parola inglese “mass” è infatti riconducibile a molteplici significati, da “mucchio disordinato” a “funzione religiosa”, che costituiscono punti di partenza per l’esperienza personale di ciascun osservatore a confronto con l’opera. La stessa iconografia del teschio è ambigua: associata alla brevità della vita umana nella storia dell’arte e onnipresente nella cultura popolare.
In mostra risultano centrali anche due film del fotografo e regista francese Gautier Deblonde, le cui immagini catturano l’atmosfera dello studio di Mueck e il suo metodo di lavoro negli ultimi venticinque anni. Questi film, girati negli studi dell’artista e durante la creazione delle sculture in occasione di mostre e presentazioni, offrono un raro approfondimento sulla pratica quotidiana dell’artista. Questi film sono stati commissionati nel corso del tempo dalla Fondation Cartier per accompagnare le mostre di Ron Mueck. Entrando nella seconda sala e attraversando l’opera Garde (2023), uno spettacolare e minaccioso gruppo di cani di quasi tre metri di altezza, la cui ferocia immediata spaventa e minaccia lo spettatore, si trova infondo, al contrario, una piccolissima scultura dal nome Baby (2000), un neonato nudo che trae ispirazione dall’immagine di un libro di medicina dove si vede un bambino tenuto per i piedi pochi attimi dopo il parto. In contrasto con il post-mortem Mass, questo piccolo ritratto dei primi momenti di vita focalizza l’attenzione su di un soggetto intenso. Capovolgendo l’immagine originale e fissando la scultura al muro, l’artista crea una forma a croce che invita alla contemplazione come se si trattasse di un’icona religiosa, segnata da quella che sembra essere, da un’analisi più ravvicinata, un’espressione dispettosa. L’opera di Ron Mueck e il suo corpus di sculture, rappresenta una ricerca profondamente misteriosa ed estremamente genuina allo stesso tempo nel panorama contemporaneo, spesso pervasa da un’aura surreale, invita a riflettere sulla propria relazione con il corpo e più in generale, porta a confrontarsi con l’esistenza stessa.
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