Harold Cohen: AARON
Whitney Museum, New York
February 2024 – May 2024
Può considerarsi arte il risultato di un dialogo reciproco tra programma e programmatore? Harold Cohen ci ha insegnato che la risposta è affermativa. Nato nel 1928 a Londra, verso la fine degli anni Sessanta Cohen concepì un programma di intelligenza artificiale interno al proprio nucleo artistico presso la University of California a San Diego. Dal 1973 al 1975, continuò a sviluppare il progetto presso il Laboratorio di Intelligenza Artificiale di Stanford, chiamandolo AARON, un nome ispirato al personaggio biblico di Aronne, portavoce e mediatore di Mosè. Tra le diverse fasi di questo progetto, Cohen trasse ispirazione dai processi di disegno dei bambini, che iniziano con la connessione di forme e linee prima ancora della rappresentazione totale di oggetti o persone. Ma fu una visita nel 1973 nella Chalfant Valley, in California, a influenzare ulteriormente il suo approccio: le incisioni rupestri della contea di Mono gli fornirono diversi spunti per approfondire gli studi sui codici linguistici e i segni, e su come questi siano traducibili in immagini. Cohen creò AARON con l’obiettivo di trasformarlo in uno strumento capace di esplorare la natura della rappresentazione artistica: grazie all’esperienza di pittore possedeva una conoscenza concreta delle principali regole accademiche – colore, linea, composizione, forma e dimensione – e questo gli permise di dotare il programma dei valori compositivi di questi paradigmi. Ad esempio, insegnò ad AARON che doveva iniziare a disegnare in primo piano prima di passare allo sfondo, e inserì molte delle proprie conoscenze del mondo esterno e di specifici oggetti nel suo codice, rendendoli accessibili nella memoria a lungo termine del software. La mostra Harold Cohen: AARON in programma al Whitney Museum di New York esamina l’evoluzione del primo programma di creazione artistica basato sull’AI, esplorandone le fasi fondamentali e offrendo un’ampia prospettiva storica sugli attuali strumenti di intelligenza artificiale.
“Ciò che rende AARON così notevole è che Cohen ha cercato di codificare il processo artistico e la sua stessa sensibilità, creando un’intelligenza artificiale dotata di una conoscenza del mondo e che cerca di rappresentarlo in disegni sempre nuovi.”
Aaron was clearly not a tool in an orthodox sense. It was closer to being a sort of assistant, but not an assistant which could learn what I wanted done by looking at what I did myself, the way any of Rubens’ assistants could see perfectly well for themselves what a Rubens painting was supposed to look like.
Fondamentalmente molto diverso dai processi dei software AI attualmente popolari, AARON è un sistema procedurale che imita il processo decisionale umano per creare immagini. Gli strumenti di creazione attuali si basano su algoritmi che stabiliscono associazioni tra immagini e descrizioni testuali e, prendendo come riferimento gli input dati dall’utente, generano produzioni costruite da ampi set di dati di immagini pre-esistenti. Al contrario, AARON determina le sue produzioni tramite regole e istruzioni per completare compiti basati sulla conoscenza codificata nella sua memoria. Evolvendosi in diverse fasi, la competenza del software in queste aree di conoscenza divenne a suo tempo il criterio per misurare il successo nella realizzazione dei disegni del programma, che nei primi anni di sperimentazione erano principalmente astratti. AARON era in grado di produrre solo disegni a linea monocromatica, e Cohen aggiungeva manualmente il colore a disegni in bianco e nero con una pen plotter, generando immagini su carta. Con l’avanzare delle capacità di AARON, il codice di Cohen si concentrò sulle figure, spesso accoppiandole con piante o fiori nelle composizioni. Allo stesso tempo, la difficoltà risiedeva nella cecità del sistema computerizzato: mentre i sistemi cognitivi umani si sviluppano facendo ricorso a una realtà esterna, il sistema cognitivo di AARON ha dovuto imparare a vedere nel buio.
La transizione di AARON dall’astrazione alla figurazione verso la fine degli anni Ottanta rappresentò sia un cambiamento tecnico che concettuale, richiedendo al software di avere una comprensione diversa e più tangibile del mondo esterno per essere in grado di creare personaggi e scene circostanti umanamente riconoscibili. Il codice in evoluzione di Cohen potenziò le capacità di AARON adottando strategie dai processi dei pittori, spingendo il programma a sviluppare strutture fondamentali per la rappresentazione degli esseri umani. Un esempio di questa produzione visibile è il dipinto Senza titolo, Serie delle bagnanti (1986), che allude a una delle opere più famose di Paul Cézanne. Presentando rocce e fiori affiancati da altre figure astratte che iniziano ad avvicinarsi vagamente alle più tradizionali forme umane, le opere di questa fase rivelano in realtà una connessione con le variazioni successive del software AARON degli anni 2000, che è riuscito a raffigurare diversi tipi di fogliami stratificati e di vita vegetale: senza descrizioni memorizzate riguardanti le specie floreali, è riuscito a dipingere molteplici esemplari di piante basandosi solo sulle regole riguardanti le loro dimensioni, i loro livelli di ramificazione e i processi di formazione delle foglie. Negli anni Novanta, Cohen finalmente riuscì a insegnare ad AARON ad applicare autonomamente i colori. Dopo aver affermato “AARON drew so much better than [I] did”, Cohen rinunciò definitivamente alla sua pratica individuale.