MANIFESTO

#63

CHANGE OF SPACE

CHLOE WISE

2022.10.04

Photography JESPER DAMSGAARD LUND
Interview GIDEON JACOBS

Chloe Wise in conversazione con Gideon Jacobs. L’artista lavora attorno a mondi diversi, quali pubblicità, moda, tabù e marchi multinazionali, con un grande senso dell’umorismo e parodia si sofferma sul corpo femminile; un intero modo di lavorare tra finzione e realtà. 

GJ Vorrei iniziare parlando dell’umorismo. Per me tutto il tuo lavoro, anche quello più ”serio”, contiene almeno un pò di leggerezza e assurdità. Da cosa pensi che derivi questa connotazione? Io che ti conosco so che nella vita di tutti i giorni sei una persona divertente e che ami ridere, ma sono curioso di sapere se questo umorismo implicito al tuo lavoro è il risultato di un approccio consapevole o qualcosa che va al di là del tuo controllo. 

CW Innanzi tutto vorrei ringraziarti per la riflessione, che sia stata intenzionale o casuale, sul fatto che il mio lavoro sia “serio”. È un aspetto che da sempre spero venga colto, ed è bello sapere che tu ne hai preso atto. Concordo nel dire che tutto il mio lavoro, anche quella parte dai tratti più “gravi”, contiene qualcosa per cui non sarebbe sbagliato ridere. In qualche modo, proprio le opere che sembrano più serie, sia per l’intensità fisica del lavoro, che per il soggetto trattato o l’intenzione, potrebbero risultare le più divertenti. Forse anche perché le cose più serie, sono anche quelle più adatte alla satira. Tuttavia, è vero anche il contrario: immagini ed oggetti creati liberamente e che strizzano l’occhio all’umorismo, tendono ad essere percepiti come più seri e significativi. Tutto questo magari ha a che fare con il modo in cui interpretiamo l’intenzione nelle opere d’arte. Il teatro si presta a esempio quasi ovvio; è terreno fertile quando si può trovare la commedia più leggera nell’intenso ed elaborato monologo di un attore professionista così come nello sketch di uno stand-up comedian. Quindi per rispondere alla tua domanda, non c’è nessuna intenzionalità nel tono del mio lavoro, ma io prendo lo “scherzo” seriamente e trovo la serietà divertente. Credo che il mio stupido senso dell’umorismo semplicemente influenzi qualsiasi cosa io faccia, ed essendo io una persona un po’ instabile, alla quale manca il senso della vergogna, potrei non essere la migliore nel mantenere questo aspetto sotto controllo. 

“Ho sempre amici intorno, quindi è a loro che posso tranquillamente chiedere di ritrarre le sembianze senza incorrere in una causa legale, secondo i miei avvocati.”

– Chloe Wise

Victory is Boring, 2021
Suburban Lifestyle Dream, 2020
Either it's raining or it isn't, 2021
It's the best time in the world to be a cherry, 2020

GJ Nel corso della tua carriera il cibo è sempre stato uno dei motivi più ricorrenti nel tuo lavoro. Mentre i tuoi interessi concettuali hanno subito un’evoluzione, il cibo ad un certo punto appare sempre, in maniera diretta o velata. Da cosa nasce questo interesse per il cibo? Quali connotazioni offre alla tua opera?

CW Da un lato, ci sono certi soggetti che fanno parte di un immaginario collettivo e sono strettamente legati alla nostra cultura visuale. La figura umana, il volto, il luogo, ciò che viene coltivato, cucinato, e mangiato nel luogo, dal volto. Non credo sia una coincidenza che il mio lavoro contenga due delle quattro cose più comuni che gli esseri umani amano rappresentare. Nel cibo e nelle piante ci sono tutti i colori, quindi formalmente ha senso trattarlo come un soggetto pittorico. D’altro canto, quella del cibo è una categoria molto ampia, il fatto che sia cibo, significa che è stato determinato come edibile secondo la capacità umana di nominare e distinguere le cose, categorie d’azione ulteriormente influenzate dalla cultura, dal luogo (geografico e temporale), dall’idea di famiglia, genere, classe sociale, ricchezza, necessità e desiderio. Poi c’è il modo in cui il cibo è impacchettato e pubblicizzato, così come ogni altro bene di consumo, usando lo stesso linguaggio visuale e testuale che si userebbe per stimolare il desiderio e l’aspirazione nel consumatore-vittima. Insomma, il cibo è un buffo veicolo che fornisce gli strumenti per esplorare tutti i temi che si possano voler approfondire. Inoltre io sono una persona amante del cibo e sensualmente ingorda. Breve digressione, ma proprio prima di scrivere queste risposte, ho raccolto un po’ di pomodori, melanzane, tuberi e lattuga dal giardino dove sto attualmente passando l’estate, e anche se non li ho coltivati da sola, quello del raccoglierli è stato un atto incredibilmente creativo e generativo. Siamo inclini ad apprezzare il cibo, così come ci si aspetta che apprezziamo le cose belle, potenzialmente edibili e consumabili. Esattamente come per le altre cose belle e desiderabili, la cui desiderabilità è mutevole come ogni cosa vivente. I fiori appassiscono, le verdure marciscono, agli esseri umani vengono le rughe, e ogni cosa torna alla terra etc etc, Memento Mori, la storia più vecchia del mondo, ma un paragone inevitabile, e quindi un soggetto inevitabile. Inoltre ho fame. 

GJ Molti dei tuoi dipinti ritraggono i tuoi amici. Come hai iniziato? Metti mai in discussione l’istinto di rendere gli amici i soggetti del tuo lavoro mescolando cosi ambito personale e professionale? 

CW Gli amici sono le persone che mi circondano e gli unici a cui posso chiedere di lasciarsi ritrarre senza rischiare di essere perseguita penalmente, secondo il mio avvocato. Non metto in discussione questo impulso, ma a volte sento che sarebbe interessante non basare il lavoro su soggetti specifici, perché la maggior parte delle volte mentre dipingo mi preoccupo di rendere giustizia all’amico che sto ritraendo. Magari senza questa preoccupazione mi sentirei un pochino più libera. Pensi che dovrei provare? Hai presente quei volti in realtà aumentata che ad un primo sguardo sembrano incredibilmente riconoscibili, ma poi ci si rende conto essere un misto di tratti somatici presi da diverse celebrities? Sembrano esistere, ma in realtà non è così. Forse sarebbe divertente. Recentemente ho giocato un pò con il programma DallE. È troppo forte. Di base fornisco al sistema una serie di immagini dei miei amici in modo da creare dei nuovi individui immaginari da dipingere, in modo che nessuno si offenda se faccio un naso fuori asse. E comunque tutti i miei amici e conoscenti sono così belli!

GJ Ci sono momenti nei quali sei sconfortata nel portare avanti il tuo percorso nell’arte? Ci sono periodi nei quali ti capita di mettere in discussione quello che fai e durante i quali vorresti solo scappare dalla vita che hai costruito?

CW Quando vado alle fiere d’arte o mi confronto con le persone che lavorano dall’altro lato del sistema, nella vendita, e sento parlare degli artisti e del loro lavoro come se si trattasse di vendere e comprare cose all’ingrosso, la cosa mi demoralizza un po’. Non voglio fare la moralista, io stessa partecipo consensualmente a questo sistema e godo degli aspetti di mercato che lo caratterizzano, ma diciamo che può essere un po’ demoralizzante pensare che l’opera embrionale che stai sviluppando, un po’ come fosse tuo figlio, entrerà nel mondo e verrà trattata come un OGGETTO! Anche se, beh, i dipinti sono oggetti, quindi forse questo è un concetto che dovrei rivedere, o almeno dovrei assumermi la responsabilità delle mie emozioni. È colpa mia se sento i dipinti su tela come fossero dei figli per i quali ho un impulso protettivo. Non è colpa del mercato. Beh, sono contenta che abbiamo affrontato l’argomento, non sono più così demoralizzata, dai. 

GJ Hai moltissimi followers su Internet. Come ti senti a riguardo? A volte hai la sensazione che questa over-presenza del digitale influenzi quello che succede nello spazio del tuo studio? Ti sforzi di tenere le cose separate?

CW Grazie, mi fa piacere pensi siano tanti, a dire il vero è tutto molto naturale 😉 Ma non è una condizione che ho cercato di proposito. Grazie di seguirmi su Instagram, se mi segui. Molto gentile da parte tua, e spero faccia piacere anche a te. Devo dire però, che io non ho sensazioni particolari a riguardo. Se non altro quello che sento è che sono troppo old school, o retro, per usare Instagram o Tik Tok, o qualunque altra cosa i ragazzini usino oggi. Non credi anche tu sia molto vintage da parte mia? Sarà difficile da credere ma io non passo il tempo a controllare i social media. Almeno non ultimamente. Pubblico e mi diverto, questo si, ma non passo molto tempo a guardare altri profili. Dopo 40 anni di social media, mi sembra ridondante e non provo più nessun brivido particolare. Oggi, per sentire la stessa adrenalina citofono al campanello degli sconosciuti sperando che mi sbattano la porta in faccia. Comunque non posso negare che a volte ho la sensazione di perdermi quello che sta “succedendo” nel mondo, come i compleanni degli amici, o quelle cose della cultura pop di cui potrebbe essere divertente parlare. Quando dipingo, ascolto i podcast o gli audiolibri, per cui a volte il rumore di ciò che accade a livello politico nel mondo invade lo studio, ma di certo non la paura di perdermi quello che sta succedendo là fuori. Recentemente il mio profilo IG è stato bloccato per due settimane, rendendomi accidentalmente una di quelle persone tutte natura, detox etc. Non è stato male. 

GJ Il fatto di affermarti come artista, ti ha fatta sentire intraprendente nel correre dei rischi o piuttosto la pressione di corrispondere a determinate aspettative? 

CW Entrambe, allo stesso tempo. 

 

Leggi l’intervista completa sul numero di Settembre, Issue 60.

 

“Non credo ci sia intenzionalità o specificità

nel tono del mio lavoro, ma prendo sul serio gli scherzi

e trovo divertente la serietà.”

– Chloe Wise

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