Nei primi lavori di Astrid Klein – realizzati tra il 1974 e il 1977 – l’immaginario simbolico, mitologico ed erotico è combinato con scritte e testi a mano, ed è ciò che sarà predominante in tutto il suo corpus di opere: la riflessione su come l’interazione tra parole e immagini determini la nostra percezione. L’immagine in Klein è sempre un conglomerato di incertezze: collegata, modificata, tagliata, incisa, oscurata da esposizioni multiple. Anche il testo non è mai presentato come un chiaro filone di significato, ma piuttosto come un frammento che di volta in volta si auto-annulla, una rovina di parole le cui sinapsi si estendono in tutte le direzioni senza trovare un terreno solido. Il lavoro dell’artista tedesca si confronta costantemente con il ruolo delle donne nella società, le idee di successo e fallimento, intercettando i suoi moltissimi interessi nei confronti della letteratura, cinema, filosofia, teoria della percezione e neuroscienze. Il collage costituisce il principale mezzo espressivo di Klein e le sue opere murali di grandi dimensioni combinano immagini casuali a testi propri o citazioni di ricerche scientifiche per illuminare aspetti soppressi dell’inconscio collettivo e mettere in discussione le strutture di potere e le modalità di rappresentazione convenzionali. La sua opera, che comprende lavori fotografici ma anche sculture al neon e allo specchio, installazioni, pittura e disegni, oscilla tra poesia e critica, scetticismo e desiderio. Le caratteristiche principali della grammatica artistica e intellettuale di Klein possono essere rintracciate nei primi lavori. I cosiddetti Schwarze Bilder o Black Paintings (1974-77) su seta nera raffigurano corpi femminili senza volto in scene in miniatura intrise di mitologia e simbolismo; le loro immagini sono giustapposte a testi scritti a mano e segni simili a geroglifici. La mostra alla galleria Sprüth Magers di New York rappresenta un tentativo di collocarsi al di fuori delle strutture di potere patriarcali e politiche, o almeno di affrontarle.
Astrid Klein ha svolto un ruolo cruciale come controparte europea della Pictures Generation americana fin dagli anni ’70 ed è considerata una pioniera femminile della fotografia su larga scala.
Conosciuta per la sua estetica moderna ma intellettuale e di forte intensità emotiva, l’opera di Klein spazia su oltre quattro decenni e ha l’intento profondo di invitare gli spettatori a esplorare e sperimentare realtà estetiche e intellettuali, creando un ricco intreccio che unisce varie discipline e prospettive. Astrid Klein è una di quelle artiste necessarie oggi poiché capace di smantellare e destabilizzare la pittura convenzionale minando le strutture rappresentative. La grammatica usata nei primi collage, tra cui l’iconico Les tâches dominicales (1980), incorpora materiale visivo tratto da fotoromanzi e fotogrammi di film della Nouvelle Vague francese e del neorealismo italiano. Klein tratta le immagini e il testo come elementi visivi di pari importanza. In questo modo, non solo spoglia il materiale fotografico di partenza della sua logica narrativa, ma lo arricchisce di senso e di sottile turbamento, si confronta furbamente con la cultura dei media e getta luce su questioni politiche e socio-critiche. Mentre in alcuni dei primi collage Klein utilizza il nastro adesivo etichettato con la macchina da scrivere per collegare singoli elementi dell’immagine, le opere fotografiche su larga scala dell’artista sono create in un complesso processo di camera oscura che prevede l’ingrandimento del materiale trovato in più fasi, la stratificazione e l’aggiunta di elementi di disegno. Il collage risultante viene condensato in un’unica stampa fotografica di grandi dimensioni. Serie come CUT I-X (1986-96) o Frauenbilder (2002-05) mostrano, quasi in virtù del loro mezzo, come tutte le strutture di potere e di rappresentazione – e le ideologie storiche e sociali che esse comportano – non siano altro che costrutti culturali. Che si tratti di immagini di donne prese dai mass media, in cui si incontrano l’autoaffermazione e la proiezione maschile, o di foto nere e luminose in cui incombe l’oscurità della storia tedesca, l’artista cerca sempre di evitare determinazioni semplici e definite. La misura in cui cerca la bellezza anche negli aspetti compromessi e violenti è chiaramente mostrata nelle sue opere specchianti, che sono state sparate e parzialmente distrutte con un martello e che hanno giocato un ruolo importante dal 1991. Questo non è solo il luogo in cui apparenza e realtà, splendore e distruzione si incontrano; nel lavoro della Klein lo specchio è anche il luogo in cui il Sé viene incontrato come l’Altro (cioè lo specchio invertito). Qualunque sia il mezzo utilizzato da Astrid Klein, l’obiettivo finale del suo lavoro è sempre colpire lo sguardo dell’osservatore. Le opere in mostra a Sprüth Magers, toccanti e d’impatto, interrogano lo spettatore sui propri costrutti sociali e sui propri modi di stare al mondo.
Per ulteriori informazioni spüthmagers.com