MANIFESTO

#63

CHANGE OF SPACE

NATHANIEL MARY QUINN

2021.09.28

Interview by LERONN P.BROOKS
Text curated by GLORIA BOERI

Muse Art Portrait: l’ artista d’arte contemporanea racconta delle sue maggiori fonti di ispirazione e la sua relazione personale con l’arte, tradotta con l’incontro  di passione e di vita quotidiana.

[LB]  Cosa vuol dire venire dalla cultura del lavoro manuale e dire, “Io faccio parte del mondo dell’arte, io sono un artista”? 

[NMQ]  L’arte è un’attività faticosa che richiede anche sforzo fisico. Anche se fai qualcosa che ti piace fare, non vuol dire che affronti ogni giorno con un senso di incredibile ispirazione e inesauribile desiderio. Molto ha a che fare con la disciplina e la perseveranza, e questo è lavoro. Mio padre si svegliava alle quattro tutte le mattine per andare al ristorante in cui cucinava, ogni giorno. Disciplina, costanza, puntualità. Sono cresciuto con questi valori e li porto con me. Sono principi ineluttabili per chiunque voglia progredire e perseguire uno scopo nella vita. Poi la vita è ingiusta, quindi averli non vuol dire necessariamente realizzare il proprio scopo, ma perseguirlo, il che conferisce un senso di valore e autostima, un posto nel mondo.  

Nathaniel Mary Quinn, Photography by Jon Ervin.
Slipt Face, 2020.
Dave Foresythe, 2020.
Mr Nightmare, 2020.
Self-Portrait After Rembrandt, 2019.

[LB]  Per un artista, però, c’è di più del semplice lavoro, c’è qualcosa che ha a che vedere con la verità. Qual è lo scopo che vuoi raggiungere attraverso la costanza del tuo lavoro?

[NMQ]  Il mio sforzo e la mia etica del lavoro sono applicati a qualcosa che mi dà un’incredibile soddisfazione. Amo quello che faccio, amo creare e cercare costantemente nuovi modi per risolvere problemi e capire cosa fare con il materiale. Il mio scopo è quello di mettere in luce la variopinta gamma degli esseri umani. Lavorando nel mio studio ho ascoltato molto Thomas Sowell, un economista afroamericano cresciuto ad Harlem con un dottorato all’Università di Chicago. L’altro giorno mentre lo ascoltavo è stato interrotto dalla pubblicità di un’azienda che celebrava la musica nera e voleva onorare DJ D-Nice. Lui è un talento, ed è giusto che sia onorato, ma non riuscivo a fare a meno di pensare che questa pubblicità fosse totalmente sconnessa dal presente, perché la musica nera è la musica americana. Mi piace pensare che D-Nice sia americano. È nero, indubbiamente, ma è americano, la musica nera è ascoltata da tutti. 

 

Continua a leggere l’intervista su MUSE  September Issue 58.

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