London, July 22nd
Emma D’Arcy in conversation with Ilana Kaplan
Come è nato il tuo interesse per la recitazione?
ED All’inizio, verso i 7 o 8 anni, recitavo per divertimento nel salotto di casa. Coinvolgevo anche i miei fratelli e un paio di amici. A quanto pare, a quei tempi mi comportavo da “attore-regista”. La mia prima esperienza di “palcoscenico” è stata la recita del sesto anno della mia scuola elementare. Ricordo l’entusiasmo che ho provato, uscendo dopo lo spettacolo e correndo per il campo della scuola. In qualche modo mi sentivo potente. Penso che ci sia qualcosa di molto radicale nel dare ai bambini un palcoscenico e chiedere agli adulti di sedersi e ascoltare.
Com’è stata la tua vita crescendo? Chi ammiravi nel mondo della recitazione?
ED La mia città natale è Londra ma è stato il Gloucestershire a crescermi. Amo Londra, ma è stato bello diventare grande in un piccolo centro, anche se c’era molta noia. Essere un adolescente al di fuori di una grande città del Regno Unito comporta lunghi periodi di ozio — stavo in piedi su distese d’erba o aspettavo fuori dai supermercati — sono condizioni ideali per sognare, credo. Durante l’infanzia non avevo ancora maturato la passione per il mondo della recitazione, non conoscevo nemmeno molti attori. Però mi piaceva molto la nostra collezione di VHS. Ho guardato alcuni film a ripetizione, 2001: Odissea nello spazio, Chicago, Joseph and the Amazing Technicolor Dreamcoat, Incontri ravvicinati del terzo tipo, Fantasia.
Com’è stato per te entrare nell’universo di Game of Thrones?
ED È gratificante che mi sia stato affidato un personaggio così prezioso e importante. Ma per molto tempo è stato come essere un visitatore all’interno dell’universo di Game of Thrones. Solo ora, dopo la seconda stagione, sento di aver ricevuto il passaporto di Westeros.
Vorrei sapere quale è stata la preparazione per interpretare Rhaenyra. Hai letto qualche libro o guardato qualche film o programma televisivo?
ED C’è molta preparazione. Non si tratta tanto di studiare i media esistenti, quanto di impegnarsi con il testo: capirlo, interpretarlo, metabolizzare la storia dalla prospettiva del personaggio. Mi piace anche pensare all’opera in modo critico, dall’esterno di quella prospettiva: sviluppare una teoria unificante che sostenga il personaggio per tutta la scena, l’episodio o la stagione.
Hai molta esperienza in teatro. Mi riferisco in particolare a Il crogiuolo. L’opera di Arthur Miller è spesso vista come un commento sulla società. Hai trovato qualche parallelismo contemporaneo durante la rappresentazione?
ED Ci sono sicuramente dei paralleli, anche se il contesto in cui Miller ha scritto era molto specifico. Trovo interessante il fatto che la posizione di sinistra nel modernismo del XX secolo tenda a difendere la condizione dell’individuo contro un mondo indifferente e oppressivo (ad esempio, il piccolo uomo comune John Proctor contro il potere). Ma oggi il neoliberismo ha rivendicato l’individualismo per sé.
Leggi l’intervista completa sul numero di settembre, Issue 64.