MANIFESTO

#63

CHANGE OF SPACE

GENDER (DE)CONSTRUCTION

2024.05.30

Testo di Francesca Fontanesi

La mostra Cindy Sherman at Cycladic: Early Works presso il Museo di Arte Cicladica di Atene riunisce più di 100 opere sotto lo stesso tetto di una delle collezioni private più complete al mondo, creando un legame tra le statuette femminili in marmo del III millennio a.C. e i lavori fotografici di Cindy Sherman.

Nata nel 1954 a Glen Ridge, nel New Jersey, Cindy Sherman ha interrogato per più di quarant’anni un’enorme pluralità di temi legati alla rappresentazione delle donne nell’era contemporanea. Emersa alla ribalta alla fine degli anni Settanta nel gruppo della Pictures Generation – insieme ad artisti come Sherrie Levine, Richard Prince e Louise Lawler, Sherman ha rivolto per la prima volta la sua attenzione alla fotografia durante gli studi al Buffalo State College. Nel 1977, poco dopo essersi trasferita a New York, inizia la serie di Untitled Film Stills. Qui Sherman continua a trasformare e ricostruire persone familiari alla psiche collettiva, spesso in modi inquietanti, e verso la metà e la fine degli anni Ottanta, il linguaggio visivo dell’artista comincia a esplorare gli aspetti più grotteschi dell’umanità attraverso la lente dell’orrore e dell’abiezione, come per esempio in Fairy Tales (1985) e Disasters (1986-89).

Cindy Sherman, Untitled #92, 1981. IN THE TOP IMAGE: Cindy Sherman, Untitled #96, 1981.
Cindy Sherman, Untitled #93, 1981.
Cindy Sherman, Untitled #68, 1980.

Verso la fine del Ventesimo secolo cominciò a diffondersi tra le teorie femministe una tesi culturale non essenzialista a supporto della teoria del genere come costruzione socioculturale. Come parte di questo movimento, i canoni più tradizionali  della storia dell’arte vennero fortemente criticati per la mancanza di artiste e per l’uso diffuso di immagini stereotipate delle donne. Le decostruzioniste femministe affermavano che tali rappresentazioni pittoriche avessero perpetuato la comprensione convenzionale della femminilità nella società occidentale: molte artiste, tra cui Cindy Sherman, cominciarono ad utilizzare il loro lavoro come mezzo per ri-presentare l’identità femminile e decostruirne le aspettative culturali. Nei suoi scatti, Sherman comincia ad assumere il ruolo di varie identità femminili – la femme fatale, la casalinga, la working class woman – presenti nella cultura occidentale. Sebbene abbia sempre affermato che le proprie fotografie non siano state inizialmente ispirate dalle teorie femministe, molte hanno adottato le sue opere come la manifestazione visiva di questi principi, e tuttora possono essere analizzate tramite le teorie che sfidano la nozione di femminilità fissa. In Untitled Film Still #2 del 1977, Sherman interpreta il ruolo di una giovane donna che studia il proprio riflesso. La foto la ritrae mentre assembla la propria identità, colta nell’atto della costruzione. Sebbene l’artista sia nello stesso momento colei che si trova davanti all’obiettivo e dietro di esso appare mascherata da strati di makeup e costumi, travestita per somigliare a stereotipi femminili familiari. Poiché i tableaux di Sherman sono così dettagliati, molti spettatori sono indotti a credere che le fotografie siano imitazioni di fotogrammi di film esistenti: in realtà, ognuna è completamente inventata dall’artista. L’intersezione tra fotografia e performance alla fine degli anni Settanta la consacra come pioniera artistica, contribuendo alla prospettiva critica nei confronti dei ruoli ruoli di genere e all’identità tradizionali.

Cindy Sherman, Untitled #97, 1982.

“Ci sono state volte in cui ho intravisto il mio riflesso e ho pensato: quella non sono io. È qualcun’altra”.

– Cindy Sherman

Cindy Sherman, Untitled #76, 1980.

La foto Untitled #92 della serie del 1981 Centerfolds – il centerfold era un formato adatto a coprire la doppia pagina centrale delle riviste pornosoft maschili popolari dell’epoca – insieme ad altre della stessa serie e a selezioni di Untitled Film Stills (1977-1980), Rear Screen Projections (1980) e Color Studies (1982), sarà esposta a partire dal 30 maggio e fino al 4 novembre nella mostra Cindy Sherman at Cycladic: Early Works presso il Museo di Arte Cicladica di Atene. La mostra riunisce più di 100 opere sotto lo stesso tetto di una delle collezioni private più complete al mondo, creando un legame tra le statuette femminili in marmo del III millennio a.C. che dominano l’arte cicladica e hanno influenzato il lavoro di molti artisti del XX e XXI secolo e i lavori fotografici dell’artista del New Jersey: nell’età del Bronzo Antico l’arcipelago delle isole Cicladi, nel mar Egeo, fu protagonista di ondate migratorie di genti provenienti con ogni probabilità dalle coste nord-occidentali dell’Anatolia, che diedero vita a una civiltà con caratteri autonomi detta appunto cicladica, la cui produzione si distingue per alcuni idoli, generalmente in marmo, raffiguranti figure femminili altamente stilizzate con le braccia incrociate sullo stomaco. Tra le ipotesi più diffuse vi è da sempre quella che si tratti di rappresentazioni di divinità connesse con la natura, in continuità con le cosiddette veneri: secondo la maggior parte degli studiosi, queste statuette rappresentano i simboli della fertilità e della rinascita del femmineo, le cui forme hanno cambiato figura nel corso degli anni assumendo ruoli multipli e diversi. Ruoli che sono stati differenziati, ridefiniti e contestati; ruoli che hanno portato a conflitti, ma che sono sempre stati considerati fondamentali per assicurarsi un posto nella società comune, dall’antichità fino ai giorni nostri.

La mostra rivela e decostruisce i ruoli e gli stereotipi femminili, interrogandosi su come la rappresentazione delle donne si sia evoluta nel tempo, come le aspettative sociali siano cambiate e siano state contestate, e come l’arte possa plasmare e sfidare le percezioni culturali.

Cindy Sherman, Untitled Film Still #56, 1980.
Cindy Sherman, Untitled Film Still #48, 1979.

Per maggiori informazioni cycladic.gr.

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