MANIFESTO

#63

CHANGE OF SPACE

ANTWAUN SARGENT

2020.05.05

Portrait JUSTIN FRENCH
Fashion PEJU FAMOJURE
Interview EKOW ESHUN

Nel suo libro fotografico The New Black Vanguard parla di ciò che sta cambiando e dei principi di bellezza. 

EE  Come e perché hai scelto questi fotografi?
AS  Quello che ho avuto modo di osservare è stata la presenza di tanti fotografi neri che, provenendo da diverse parti del mondo, avevano in comune la ricerca creativa in termini di auto-presentazione e identità. Una ricerca attraverso la moda. I 15 fotografi all’interno del mio libro attingono alla storia della fotografia stessa per sviluppare un discorso in questo spazio tra arte e moda. Perché, e anche tu ne hai discusso nel tuo libro, quando si pensa alla storia della fotografia, molte delle nostre immagini non sono state adeguatamente rappresentate. E anche quando si ha un corpo nero, ci sono momenti in cui è stato filtrato attraverso la lente e la storia bianca. E quindi volevo solo assicurarmi che questa generazione di fotografi fosse: (a) vista dal pubblico, e (b) che le loro preoccupazioni e i loro lavori fossero riconosciuti nel loro mondo, nello spazio della loro comunità.
EE  Prima di tutto volevo complimentarmi per il tuo libro. Analizzi con uno schema importante e necessario l’evoluzione nella pratica di questi fotografi. E mi sembra davvero importante riconoscere il loro lavoro e contestualizzarlo. Quanto hai pensato ai potenziali rischi di raggrupparli sotto il titolo The New Black Vanguard?
AS  È divertente perché ero consapevole fosse un titolo che poteva sicuramente creare qualche problema. Ad alcuni è piaciuto, mentre ad altri, ad esempio ad alcuni fotografi, non è piaciuto affatto.
EE  Sì, perché quando si mette insieme un gruppo di persone e si dà loro un titolo, qualcuno del gruppo sicuramente non sarà d’accordo.
AS  Abbiamo intrapreso questa conversazione. Ma ho pensato che fosse importante farlo, anche se per certi versi provocatorio, voleva essere una rivendicazione di spazio. Se metti la parola “nuovo” prima di qualcosa, questo implica che debba esserci un “vecchio”, che debba esserci una storia. Quindi l’ho fatto cercando di mettere in evidenza la generazione di creativi nella moda e nella fotografia di oggi. Con la volontà di sottolineare anche la storia che esisteva prima di loro. La maggior parte di questi fotografi, come James Barnor per esempio, sono stati raggruppati come semplici fotografi d’arte, ma le loro immagini non avevano semplicemente a che fare con l’arte. Volevo onorare quella generazione, ma volevo anche guardare a come le loro idee hanno pervaso le nuove generazioni e a come l’attuale generazione di fotografi pensasse a loro e al loro lavoro.
EE  Uno dei più bei aspetti del libro è che non fa alcuna distinzione di luogo. Non è importante se sei basato in Nigeria, in Svizzera, nello Yorkshire o a New York. Questi creativi, hanno sviluppato una sensibilità cosmopolita. Come hai esplorato il tema della sensibilità nera?

AS  Per me si trattava di lasciare più spazio possibile a questi fotografi per potersi esprimere secondo i loro termini, e di rendere il tema razziale solo una delle tante preoccupazioni, piuttosto che segnalarla come il problema principale, perché spesso non è sempre così. Quando si parla della Nigeria si parla di qualcuno come Ruth Ossai che fa parte di una società maggioritaria, una società principalmente nera. E quindi che cosa significa razza in un contesto come quello? Ovviamente, non ha lo stesso significato quando si è a Londra, come per Campbell Addy ad esempio. Quando si guardano quelle immagini non si vede solo il tema della razza, quindi volevo essere sicuro che ci fosse un modo per metterle insieme che permettesse loro di esplorare anche altri aspetti. Se pensi a Namsa Leuba, lei esplora la storia in termini ibridi, ragionando sul legame tra Europa e Africa.

PHOTOGRAPHY AND STYLIST ARIELLE BOBB-WILLIS, MODEL CHRISTINE HAMILTON AND NEEMA MARIA NYAMBURA MURIMI.

Lei sta crescendo in Europa, ma quando si reca presso il continente pensa ai modi in cui diverse tradizioni influenzano il modo di vestire e la maniera in cui le persone immaginano e ri-immaginano se stesse, fisicamente, ma anche in questa sorta di spazio cosmico, questo spazio di gioco, spazio di creazione identitaria. Le sue immagini mescolano diversi temi, etnografia, moda, idea di comunità, costumi e tradizioni. Poi c’è qualcuno come ad esempio Ruth che pensa di più al modo in cui la cultura popolare si è evoluta dagli anni ’40 e ’50 in Nigeria. Tenendo in considerazione il lavoro di Malick Sidibe e degli innumerevoli fotografi che hanno aperto i loro studi fotografici e hanno documentato la vita quotidiana locale. Storicamente queste immagini sono sempre state accantonate a meno che non vi fossero collezionisti bianchi o gallerie interessate a costruirvi un mercato attorno; e io volevo rimarcare che tali immagini sono state realizzate da artisti che detengono la proprietà di ciò che noi vediamo. Tutto questo si lega al fatto che i fotografi bianchi della Pictures Generation hanno potuto realizzare immagini nello spazio tra moda e arte con una libertà che i fotografi neri non hanno mai avuto. Il mio intento era quindi quello di dare a questi creativi quel tipo di libertà di cui i fotografi bianchi hanno goduto fino ad oggi.
EE  Come approcci la distinzione tra arte e moda? Fai questa distinzione? O metti tutto insieme? Tutto è arte?
AS  Non sono interessato a questa distinzione perché è un tipo di suddivisione che serve solo per creare dei mercati e fare soldi. Insiste sull’insicurezza che la fotografia cela. Mi sono detto che non avrei ammesso un modo di pensare cosi obsoleto. Perché adottarlo, se i fotografi stessi non si preoccupano di questo tipo di barriere.

EE Hai ribadito questo concetto quando nell’introduzione hai parlato di Tyler Mitchell e di come lui abbia deliberatamente costruito un’immagine assolutamente non-moda per la Cover di Vogue America con Beyoncé.
AS  Non ha quel tradizionale effetto patinato, ma questa immagine parla della maternità nera, del privilegio generazionale, della domesticità e di tutte quelle cose. Va oltre la copertina di Vogue come immagine di moda, ci permette di guardare al di là di un altra semplice immagine patinata di Beyoncé.
EE  Secondo te, quanto di questo è stata una decisione strategica da parte di Tyler Mitchel, per andare, come dici tu, oltre la convenzionale rappresentazione della femminilità nera?
AS  Queste distinzioni non sono nel loro mindset. È così altamente soggettivo. Questi fotografi scattano esattamente le immagini che vogliono, quando poi le mostrano è il pubblico che deve trovare un modo per relazionarsi con il soggetto raccontato.
EE  È un modo per dire: “Stai al passo con quello che faccio!”
AS  Esattamente! Penso che questo sia importante e che sia eccitante per il modo in cui questa generazione, questo gruppo di fotografi crea immagini. Non sono interessati a scendere a compromessi.
EE  Una delle mie parti preferite del libro viene dal saggio in cui dici “il corpo nero, una volta considerato oggetto, oggi diviene il mirino per una nuova visualizzazione della razza, del genere e della bellezza”. Per me questo va dritto al nocciolo di ciò che credo tu voglia esprimere nel libro, ossia: Come guardiamo un corpo nero? Alla forma nera? Che cosa abbiamo trascurato prima e che cosa ci permettono di vedere questi fotografi? Mi sembra un’affermazione molto importante.
AS  Sì e penso che sia quello con cui ci confrontiamo quando vediamo queste immagini. Stiamo immaginando il corpo nero come universale, ma all’interno della sua specificità. Il mio punto di vista è che sì, questi sono indicatori universali, ma indicatori universali secondo i loro termini. Nel libro parlo della Black Issue di Vogue Italia del 2008. Ripensandoci ora, un decennio dopo, la cosa interessante è che molte di quelle immagini anche se sono di donne e modelle nere sono realizzate da fotografi bianchi. Quello che mostrano ha esclusivamente a che fare con la fantasia Europea. O sei una specie di selvaggio africano o sei questa sorta di nero europeo civilizzato. Dov’é la donna nera? Dov’é la vera rappresentazione? La rivista è andata sold-out. Un numero dedicato alla donna nera, senza che vi fosse un’onesta raffigurazione di come la donna nera vede se stessa e la propria bellezza. Guardando indietro, ora possiamo renderci conto di dove siamo arrivati nell’arco di un decennio. Ora è inimmaginabile che qualcuno dedichi un magazine alle persone nere in cui non siano artisti neri a scattarne le immagini.
EE  Cosa è cambiato? È l’ascesa di una New Black Vanguard o sono i tempi stessi che cambiano? Cosa spinge a questo tipo di cambiamento?

Se metti la parola “nuovo” prima di qualcosa, questo implica che debba esserci un “vecchio”, che debba esserci una storia.

– Antwan Sargent

AS  Molte cose diverse. La storia della fotografia è una storia legata alla tecnologia e credo che i social media abbiano dato a molte persone una piattaforma per esprimersi. Molti di questi fotografi hanno iniziato con i social, scattando foto con i loro telefoni. E sono cresciuti costruendo un pubblico intorno al loro lavoro. In questo modo le vecchie istituzioni come: musei, curatori, gallerie, editori, riviste sono stati quasi sfidati ad adattarsi al cambiamento per avere uno spazio nel futuro.
I social media hanno sconvolto l’ordine delle cose, permettendo ai fotografi di avere più controllo sul loro lavoro e più controllo sulle proprie collaborazioni. Credo che Tyler Mitchell potesse permettersi di dire: “ecco la mia idea per Vogue”, perché si era costruito un nome grazie al suo Tumblr e il suo Instagram dicendo a tutti questo è quello che sono come fotografo e creatore di immagini. Questo gruppo di artisti più giovani è molto più abile nell’affermare il controllo del processo di creazione delle immagini.
EE  The New Black Vanguard riguarda il potere creativo, la criticità nell’osservare, l’acume commerciale e la raffinatezza…
AS
  Sì, assolutamente. Si tratta di un gruppo di artisti consapevoli, che hanno dovuto imparare ad esserlo, perché avevano bisogno di crearsi quelle opportunità che gallerie e riviste non davano loro. Sono stati davvero bravi nel pensare al passato e guardare alle opportunità che sono state negate ad altri fotografi prima che potessero coglierle. Negate a qualcuno come James Van Der Zee. Guardando le sue immagini come Couple, Harlem del 1932, non si può non pensare “Come hai fatto a non chiedere a questo artista di scattare per te?”
EE  È uno dei ritrattisti più importanti del XX secolo.
AS  Esattamente! La generazione precedente ha lottato per essere accattata dalle istituzioni, ma si accorse che le istituzioni non facevano necessariamente i suoi interessi. La generazione di oggi, sta al gioco collaborando con le istituzioni, ma allo stesso tempo, ne sta costruendo di proprie. È cosi che nascono i numerosi progetti che vediamo oggi. Tyler può scattare la Cover di Vogue e poi girare video o altre cose diverse. Sono artisti che pubblicano i propri libri, i propri magazines. Campbell Addy ha la sua rivista. Come posso creare e offrire il tipo di spazio creativo che voglio?
Il primo incontro con Campbell è stato a Londra, alla Somerset House. Gli ho detto: “Sto facendo questo libro e voglio davvero che tu ne faccia parte”. Quello che mi ha risposto è stato che per lui era molto importante che facessimo un libro come questo il prima possibile con molti fotografi neri, in modo che i fotografi futuri sapessero che tipo di lavoro stavamo facendo. Ognuno di questi fotografi scatta in modo così distinto che si comprende subito di essere davanti a delle immagini d’autore. Ho pensato che fosse importante nominare gli artisti che sono associati a questi linguaggi estetici e visivi.

In passato spesso le persone non hanno avuto la possibilità di pubblicare il proprio lavoro che tuttavia poteva essere facilmente plagiato da qualcuno che guardandolo poteva semplicemente inglobarlo nel proprio; divenendo famoso per delle immagini non sue. Così, ho cercato di fare in modo che nel mio libro si sappia da dove viene l’estetica, a quale comunità appartenga e a chi attribuirla. Abbiamo fatto questo libro molto velocemente. Dal concepimento alla vendita è passato solo un anno, da ottobre a ottobre. E questo è possibile solo se le persone credono davvero in quello che stanno facendo e sono disposte a dare i diritti d’immagine. Ho voluto riflettere su questo senso di comunità nel mondo, e penso che questo libro lo faccia, e non solo con i fotografi, ma anche con i soggetti fotografati, con chi si occupa di hair, di make-up e tutti coloro che si dedicano alla realizzazione di queste immagini. Questo progetto mostra davvero un nuovo tipo di mondo, nero e coraggioso, che sta emergendo, e per me è semplicemente incredibile e davvero fantastico.

THROUGHOUT THE STORY FULL LOOK DIOR MEN.

MUSE TALK

STELLA

2022.02.24

” Mi è piaciuto molto studiare arte, ed è bello poter esprimere il mio spirito creativo, sia nel lavoro di modella che attraverso il mio senso dello stile. ”

– STELLA

MUSE TALK

KIKO

2022.02.17

” La vita è una sola, e credo che vivere facendo ciò che voglio davvero, sia il meglio che possa desiderare. ”

– KIKO

A TRIBUTE TO FAMILY

KIM JONES

2021.09.22

Fendi WW Creative Director Kim Jones in conversazione con Pamela Golbin, tra Roma e Londra.

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2021.05.31

L’attrice, cantautrice e cantante americana racconta a Muse del suo nuovo canale YouTube e del suo progetto personale Identity Crisis.

MUSE Talk

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2021.05.25

Protagonista della serie Netflix Baby e ora protagonista dell’horror romantico Non Mi Uccidere di Andrea De Sica.