MANIFESTO

#63

CHANGE OF SPACE

PIERGIORGIO DEL MORO

2020.12.18

Photography PIERRE-ANGE CARLOTTI
Interview DAN THAWLEY

Tutti i segreti dietro la carriera dell’italiano Casting Director all’apice dei suoi successi.

La questione della rappresentazione non è mai stata cosi cruciale nella moda.
I volti e i corpi che personificano la visione di uno stilista proiettano il loro messaggio ad un pubblico più grande e più impegnato che mai, ed è per questo che il lavoro di un Casting Director rimane in costante movimento mentre risponde al mondo che lo circonda. Il Casting Director italiano Piergiorgio Del Moro è al vertice di questo sistema, uno dei pochi che ha portato la moda in una nuova era di accettazione e celebrazione, smantellando molti dei codici di bellezza che una volta tenevano in grande considerazione un prototipo specifico. Gestendo una prestigiosa rosa di clienti internazionali tra New York, Parigi e Roma, Del Moro e il suo socio Samuel Ellis Scheinman hanno creato un piccolo impero, fondando la loro azienda DMCASTING, la quale collabora con stilisti quali Versace, Saint Laurent, Givenchy, Moschino, Dries Van Noten, Simone Rocha, e riviste come Vogue Italia, I-D e WSJ. Anche se il lavoro del casting può sembrare a molti un concetto astratto, in un mondo dove i designer hanno bisogno di persone talentuose, interessanti e affascinanti per dare vita ai propri capi davanti ad un pubblico o alla macchina fotografica, diviene invece cruciale. Oggi, nonostante la fama caratterizzi molti aspetti della professione di modella, i casting director sono incaricati di individuare meticolosamente i volti più adatti per magazine e brand di lusso tenendo in considerazione gli aspetti estetici, demografici e caratteriali. Insieme ai social media, questi elementi formano unʼintricata reazione a catena che può cambiare la carriera di modelle e modelli in un istante, ma allo stesso tempo hanno anche cambiato le regole del gioco, che sempre più multiculturale, non considera più l’età e la taglia come requisiti necessari. Il lavoro di Del Moro prevede un processo di divinazione e risposta sociologica: muoversi tra i tradizionali standard di bellezza e i nuovi modi in cui i designer dʼavanguardia sfidano il sistema. E nonostante “diversità” ed “inclusività” siano oggi le parole dʼordine preferite dal marketing di tutto il mondo, più Del Moro e i suoi colleghi possono inserire nuovi corpi nel privilegiato spazio della moda, meglio è.

DT  Quanto è cambiato il tuo lavoro negli ultimi cinque anni?
PDM  È molto cambiato in termini di comunicazione e media, penso infatti che Instagram abbia mutato completamente il nostro modo di lavorare. Ad esempio, prima si faceva scouting solo attraverso siti web o agenzie di modelle, e qualche street casting. Ma oggi il principale mezzo per la ricerca di nuovi volti è Instagram. Il modo di cercare le persone è completamente cambiato. Ciò che accade nel mondo ed il modo in cui la società si trasforma influisce anche sul modo di fare casting. Bisogna soprattutto rispettare o cercare di leggere ciò che la società vuole vedere, ciò che si vede per strada. Per esempio, lʼintero concetto di inclusività e diversità dʼetà, così come tutti gli altri aspetti, sono i segni di un cambiamento sociale e fanno evolvere anche il punto di vista di questo lavoro. Hanno cambiato drasticamente il nostro modo di lavorare e il modo di trovare persone sia per gli editoriali che per la pubblicità.
DT Ci sono state tante rivoluzioni nel vostro campo.
PDM  Ai tempi delle top model era come se ci fosse un solo prototipo di bellezza e un solo modello a cui fare riferimento. Oggi ci sono diversi modi di vedere la bellezza e diversi modi di rifletterla sulla passerella. La forma del corpo è estremamente importante perché le persone vogliono vedere diversi generi di bellezza. Lʼidea di inclusività è qualcosa che la gente si aspetta di vedere. Abbiamo il dovere di riflettere il futuro nel nostro lavoro.
DT  Hai ripetuto la parola “bellezza”. Pensi che alla fine sia quello che vuole ogni cliente? O pensi che alcuni clienti ed editor cerchino qualcos’altro?

PDM  Penso che sia parte del nostro lavoro cercare la bellezza. E questa ha diversi significati. Molte persone la cercano e i designer vogliono invece trasmettere un messaggio. Alla fine è un lavoro ed una conversazione di carattere estetico.
DT  Quando la gente pensa alla moda del passato spesso fa unʼassociazione molto negativa in termini di diversità, ma in realtà tutto è andato sfumandosi nel corso dei decenni. Yves Saint Laurent, per esempio, mostrava modelle di colore anni prima che diventasse una questione politica. Anche Azzedine Alaïa ha sostenuto modelle di colore. E poi ci sono stati altri periodi caratterizzati da unʼenorme maggioranza di ragazze caucasiche. Oggi lʼindustria ha aperto le passerelle, le campagne pubblicitarie e gli editoriali a tutti i tipi di corpi e volti. La scorsa stagione avete fatto sfilare molte ragazze più formose sia da Versace che da Fendi. Come ci si sente a fare parte di questo cambiamento positivo?

WSJ MAGAZINE, SEPTEMBER 2020, "KITH AND KIN". PHOTOGRAPHY NADINE IJEWERE, FASHION KATE PHELAN.

PDM  Io e Samuel abbiamo avviato lo studio, coinvolgendo molti giovani stagisti che poi sono rimasti a lavorare come Junior Casting Assistants. Abbiamo una costante conversazione con tutti loro, perché le generazioni più giovani sono quelle che ci danno davvero lʼinput di cui abbiamo bisogno. È da questo tipo di confronti che nascono le idee, altre volte i clienti arrivano con unʼidea specifica. Il cambiamento non ha avuto una temporalità precisa, si è trattato di un percorso molto fluido, in particolare per le ragazze plus-size. È qualcosa in cui ho creduto fin dallʼinizio soprattutto perché alcune di queste ragazze hanno una personalità incredibile e portano molta energia in uno show. Basta guardare Ashley o Paloma nella sfilata di Fendi, Tess in Simone Rocha o Precious da Versace, per esempio. Prima di tutto, si sentono estremamente fortunate perché è la prima volta che sfilano su una passerella così prestigiosa, e poi portano unʼenergia e una positività incredibile dando un input super potente al resto del casting. Non si tratta solo della loro forma, ma anche della loro persona, del loro modo di essere, del loro modo di esibirsi. Quelle ragazze sono incredibili. Quando le vedi da dietro le quinte mentre si esibiscono ricordano le top model originali, ci tengono ad essere brave nel loro lavoro. E questo significa molto.
DT  Ho un paio di domande sulla tecnicità di quello che fai. Voglio chiederti: qual è la differenza tra il casting per unʼimmagine fissa e il casting per unʼimmagine in movimento, come una sfilata o un video?
PDM  Oggi è molto raro il lavoro solo per la stampa. Ormai stampa e video sono correlati. Non cʼè una grande differenza perché in entrambi il talent deve portare personalità per interpretare ciò che il fotografo o il video-maker vuole. Quindi anche se si tratta di un editoriale, normalmente guardiamo la personalità, il modo in cui le persone si muovono. Anche il look per me è importante, perché se vai sul set per un servizio fotografico devi essere ispirato da qualche tipo di references. Quindi, non si tratta solo di come appari, ma anche di come ti comporti davanti al fotografo. Direi che i criteri ora sono per lo più gli stessi.
DT  Una volta una modella poteva cavarsela con lʼessere bella, magari goffa e impacciata, ma fare una foto incredibile per un magazine o una campagna senza mai salire in passerella. Poteva succedere anche il contrario, no?

Oggi è molto raro il lavoro solo per la stampa. Ormai stampa e video sono correlati. Non cʼè una grande differenza perché in entrambi il talent deve portare personalità per interpretare ciò che il fotografo o il video-maker vuole. Quindi anche se si tratta di un editoriale, normalmente guardiamo la personalità, il modo in cui le persone si muovono.

– Piergiorgio Del Moro

PDM  Allʼinizio penso che si potessero ottenere grandi risultati grazie allʼessere estremamente belli. Ma poi, quando continui la tua carriera, hai bisogno di evolvere. Hai bisogno di migliorare. Per essere una grande modella, devi crescere nel tuo lavoro. Non si tratta solo di essere bella o esteticamente interessante. Penso che tu debba mostrare il tuo carattere, la tua attitudine, la tua energia.
DT  Come fai il casting per una sfilata?
PDM  Di solito, quando lavori ad una sfilata, hai qualche riferimento che il designer ti mostra, come unʼidea specifica che vuole ottenere, o unʼestetica precisa legata al DNA del brand.
Con questi riferimenti (prima del COVID-19) si iniziavano a vedere tipo 300, 400 persone per poi scremarle. E non si tratta solo di trovare i volti giusti, ma anche di valutare il modo in cui stanno insieme. E a volte puoi avere dei talenti straordinari, ma poi tutti insieme non hanno alcun senso. Di solito abbiamo questi riferimenti stampati su un pannello. Quando si comincia a lavorare sui volti, spostando le Polaroid e muovendo le immagini, si confrontano con le references per capire se quei volti vi corrispondano.
Il casting evolve nello stesso modo in cui evolve la collezione. Quando hai tutti i look da una parte e tutto il casting dall’altra, cominci a individuare una sorta di racconto tra, per esempio, il look 1 e il look 45. Il miglior risultato in un casting si ottiene quando si crea un filo conduttore, quando tutti possiedono una sensibilità comune. Ci sono così tanti modi di vedere e costruire un casting. Se si pensa a quello che faceva Jil Sander, ad esempio, tutti i volti erano uguali. O quello che facciamo noi in alcuni dei nostri lavori dove ogni talent ha una diversa individualità e personalità.
Ciò che devi avere chiaro è quello che il designer vuole comunicare. Ognuno di noi ha un senso estetico e una sensibilità, ma quando lavoriamo per i clienti dobbiamo potenziare le nostre capacità al fine di ottenere ciò che hanno in mente, perché sono loro a fare la collezione, a creare una storia. Noi li aiutiamo a rendere la storia più forte attraverso le nostre proposte.
DT  Hai clienti in ogni grande città della moda, e tutti cercano cose diverse da te. È interessante pensare alla diversità dei tuoi clienti tanto quanto alla diversità delle modelle, perché una sfilata di Versace e una di Simone Rocha saranno sicuramente esperienze diverse per te. Il brand ti sta affidando una grande storia da raccontare e si deve riuscire a mantenere un certo equilibrio. Come si fa a convincere i designer a rischiare e a pensare fuori dagli schemi?
PDM  Ci sono clienti che sono più reattivi e altri meno. La forza sta nel confrontarsi a 360° con il designer ogni giorno, lavorando tutto lʼanno in modo da costruire un rapporto solido. Sappiamo cosa gli piace. Sappiamo cosa non gli piace.

Raramente lavoriamo su un singolo progetto perché è molto più intenso e difficile. È più facile aprire una conversazione: con Simone Rocha, ad esempio, abbiamo iniziato a lavorare molto tempo fa quando voleva diversificare il suo casting. Abbiamo avuto un incontro con lei, abbiamo iniziato a mettere insieme alcune references, e definito una nuova direzione estetica. Quello è stato l’inizio di una lunga collaborazione, e ora sappiamo a cosa è sensibile e a cosa è meno sensibile. Quando stabilisci questo tipo di fiducia e di relazione con un cliente, allora è più facile collaborare. Le discussioni ci sono sempre, ma ogni volta sono molto costruttive.
DT  Il confronto professionale è molto importante per quello che fai, vero? Soprattutto quando sono coinvolte così tante persone: lo stylist, il designer, a volte il CEO.
PDM  La parte più complicata è quando ci sono tante voci coinvolte. Quando hai una sola voce va bene, due vanno bene, il che capita spesso perché ci sono un designer e uno stylist. Ma quando ci sono tante altre persone, allora diventa più complicato, specialmente al giorno dʼoggi quando ci chiedono di scegliere delle influencer perché portano più visibilità al brand. Possono arrivare richieste dal marketing o da altri dipartimenti e questo rende le cose molto più complesse.
DT  Soprattutto se non ha senso per la storia che state creando.
PDM  A volte si possono trovare buoni compromessi, ma non sempre.
DT  Sei stato nel settore abbastanza a lungo da essere cresciuto con una certa generazione di ragazze per poi averne incontrate altre più grandi di te e aver creato molte relazioni che sono fondamentali per il lavoro che fai. Anche questa è una cosa delicata da gestire?
PDM  Conosco e sono amichevole con molte persone, ma cerco di tenere separate le amicizie dal lavoro. A volte quando il lavoro e il casting cambiano è facile rispondere ai messaggi delle persone e spiegarne il motivo. Alla fine siamo noi che mandiamo i messaggi alle modelle e diciamo loro che potrebbero essere in uno show o meno. La maggior parte delle volte lo capiscono.
DT  Voglio dire, è molto difficile, vero? Perché avete esclusive e tante opzioni da giocarvi.
PDM  Ed è anche una sfida quando si tratta di lavorare con le top model più adulte, con le quali bisogna essere estremamente professionali. Si tratta di donne che sono state in questo business per molto tempo. Non si chiede “un’opzione” su qualcuno che è nel business da ventʼanni. Devi rispettare la carriera di ognuna di loro.
DT  Assolutamente. Come si fa a ricercare e riportare in auge quei volti che magari non sono stati in passerella per molto tempo? Ci sono alcune come Karen Elson e Maria Carla Boscono, la cui carriera ha avuto unʼenorme regolarità e longevità, ma c’è stato un momento in cui si pensava che con il cambiare del viso e del corpo queste donne le si dovesse vedere meno. Oggi invece è tutto così organico, sorprendente ed eccitante che ogni stagione assistiamo al ritorno di qualche volto.

WSJ MAGAZINE, SEPTEMBER 2020, "KITH AND KIN". PHOTOGRAPHY NADINE IJEWERE, FASHION KATE PHELAN.

PDM  Penso che sia una parte interessante del nostro lavoro e che sia stato un elemento notevole nella nostra carriera dallʼinizio fino ad oggi.
Soprattutto se si pensa al lavoro che abbiamo fatto insieme a Versace con i came back delle top model. È molto interessante perché queste hanno qualcosa da dire e qualcosa di molto rilevante da aggiungere. Teniamo molto allʼinclusività dellʼetà, perché è bello vedere modelle che hanno sfilato a 16 anni, e che poi tornano a 30, 35, 40. La loro bellezza continua ad evolvere e a cambiare. In un certo senso, lo abbiamo fatto spesso, lo facciamo meno in questo momento, ma è sempre stata molto bella la sorpresa di riportare qualcuno in passerella. E quelle modelle che non sono ancora tornate, è perché non vogliono tornare.
DT  Sono state i precursori di tutto ciò che conosciamo ora. Hanno visto un sistema moda più giovane con meno tecnologia, meno condivisibile e meno legato ad un business.
PDM  Sì, sono dʼaccordo.
DT  Ho pensato che Penelope Tree fosse un ritorno piuttosto sorprendente la scorsa stagione da Fendi.
PDM  Ho provato tante volte a riportarla in passerella, ma non era mai disponibile. E poi mi sono detto, Ok, manderò questa e-mail anche se so già la risposta. Unʼora dopo mi hanno risposto dicendo che era interessata a farlo. Ed è stato fantastico, e si è divertita molto. Tutte le ragazze più giovani le facevano domande. E quel cast di Fendi è stato speciale, in quanto ultima sfilata di Silvia (Venturini) Fendi, cʼerano anche madri e figli. Era il messaggio che Silvia voleva dare, quindi è stato molto emozionante, un bel ricordo.
DT  Sì, sono dʼaccordo. Penso anche che molti degli show di Simone (Rocha) abbiano avuto questo elemento a sorpresa da diverse generazioni. Mi ricordo anche quando avevano sfilato tutti attori irlandesi.
PDM  Sì, e abbiamo riportato modelle come Benedetta Barzini e Jenny Howarth. Rispetto molto ciò che piace a Simone e ciò che sente. Vedere quelle donne nei suoi abiti è stato molto interessante, è stata come una bella performance.
DT  Hai detto che alcune modelle non vogliono tornare nel business. Penso che sia interessante perché per molte di loro segna un periodo della vita breve e molto eccitante, un periodo enormemente formativo, anche se in passato è stato piuttosto tossico.
E trovo sia interessante osservare come l’esigenza di trovare un equilibrio tra vita privata e lavorativa sia ad oggi, più di prima, parte integrante dellʼessere modella. Il movimento #MeToo ha mostrato le terribili dinamiche dell’industria moda, ma ritengo anche che sia cambiato il modo in cui le modelle guadagnano. E non significa necessariamente dover fare le sfilate e tutto il resto. Può avvenire in modi diversi.
Naturalmente, la maggior parte delle volte, le modelle che lavorano nei commerciali finiscono per fare più soldi di quelle che lavorano negli editoriali.

È bello anche vedere modelle, come ad esempio Julia Nobis, che dopo aver avuto una carriera incredibile è tornata sui libri per studiare scienze, rendendosi poi disponibile per dei progetti speciali. O Marte Mei van Haaster che ha avviato un business legato al design. Cosa ne pensi del modo in cui le cose sono cambiate?
PDM  Ho una storia divertente a tal proposito, perché diversi anni fa il team di Karl mi chiese di lavorare ad una delle prime sfilate di Fendi Couture, richiedendomi di contattare una di queste top model della generazione di Cindy (Crawford) e Linda (Evangelista), che non si è vista per anni e non aveva nemmeno più un’agenzia. Ho provato di tutto, e scovato i contatti di amici per poterla rintracciare. Alla fine ci sono riuscito e lei mi ha mandato un messaggio dicendo: “Ti ringrazio davvero per questa richiesta, sono molto felice e grata, ma il business della moda è finito per me. È stata una bella esperienza, ma ora sono molto felice di poterne stare lontana”. Un esempio di chi ha deciso che la moda era probabilmente troppo, una fantastica esperienza con la quale non vuole avere altri contatti. Penso che sia un sistema molto duro ed essere una modella è davvero complicato quando devi abituarti ad essere giudicata dalla gente ogni giorno. È una sfida continua. Devi avere una grande stabilità interiore per saper gestire tutto ciò, quindi a volte le persone si scottano e altre si abituano. Dunque, credo che ognuna di loro debba decidere il modo in cui vuole farlo.
Oggi ci sono ragazze e ragazzi estremamente ambiziosi e devoti a questo business, e sono in grado di arrivare ovunque. Altre preferiscono separare la loro vita privata da quella lavorativa, ottenendo comunque risultati sorprendenti. Voglio dire, Julia Nobis è lʼesempio migliore. Ha avuto una carriera incredibile, poi ha proseguito tra studio e lavoro ed ora è tornata su alcuni progetti divertendosi, sempre con lo stesso sorriso.

WSJ MAGAZINE, SEPTEMBER 2020, "KITH AND KIN". PHOTOGRAPHY NADINE IJEWERE, FASHION KATE PHELAN.

DT  Penso che sia molto interessante sottolineare quello che hai detto prima sullʼessere un lavoro, perché come sappiamo, la moda non è mai stata così “alla moda” come oggi. Quindici anni fa, la gente comune non conosceva tanto la moda e i suoi meccanismi interni e non la vedeva sui social media ogni giorno. Era qualcosa per pochi eletti. E ora molte più persone vogliono e possono essere modelle grazie ai social media, proprio come hai detto tu. Pensi che le persone siano molto più affascinate dallʼidea di fare la modella rispetto che allʼessere una modella vera e propria?
PDM  Oh, sì, e penso che quando si confrontano con la realtà rimangono scioccate e dopo tre mesi tornano al loro lavoro o a scuola. Sembra un lavoro ideale dove puoi incontrare tante persone. Puoi fare unʼesperienza incredibile, ma senz’altro intensa, imparando un passo alla volta in ogni fase della tua carriera.
DT  Alcune delle grandi storie nella moda degli ultimi anni hanno riguardato transizioni di genere. Penso che sia una cosa davvero positiva ed eccitante, che lʼindustria moda ha a sua volta accolto in modo abbastanza positivo. Come Casting Director, comʼè stato per te far parte di questo cambiamento di mentalità, soprattutto in relazione ai clienti?
PDM  È stato abbastanza fluido, sia i clienti che le agenzie hanno proposto nuove idee e punti di vista. È stato un processo apprezzato e supportato da tutti. Non abbiamo mai ricevuto un grande “No” da qualcuno. Ma si tratta più di una scelta da parte di certi designer che stanno spingendo verso questa direzione, e verso nuovi nomi con lo scopo di esplorare altre possibilità e promuoverli individualmente. Credo che i nostri clienti siano stati molto proattivi e reattivi a questi cambiamenti nei casting.
DT  I professionisti del settore come te hanno molta influenza da un certo punto di vista, perché oggi tutti cercano nella moda questi cambiamenti positivi e noi abbiamo l’opportunità di puntare su persone molto speciali.
PDM  Sì, è molto importante. Voglio dire, alla fine le modelle sono persone che conserveranno questi ricordi per tutta la vita. Alcune trasmetteranno queste storie ai loro figli e nipoti. È quindi importante cambiare il business in modo positivo per lasciare ricordi incredibili. E questo deve continuare.

WSJ MAGAZINE, SEPTEMBER 2020, "KITH AND KIN". PHOTOGRAPHY NADINE IJEWERE, FASHION KATE PHELAN.

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