New York, November 20th, 2023
KYLE STAVER IN CONVERSAZIONE CON BILL POWERS
Da quando si è laureata al MGA di Yale nel 1986, Kyle Staver è diventata un’artista iper emergente. Tra i suoi collezionisti vi sono Carroll Dunham e Trey Abdella. Nel 2018 la critica Roberta Smith, scrivendo per il New York Times, ha osservato: “Le sue figure, che sono quasi a grandezza naturale o più grandi, di solito sono viste a mezz’aria – dove per lo più dimorano gli dei – e la loro stessa levitazione è eccitante, spesso tinta di lussuria.” La morte e la fanciulla, Riccioli d’oro, Salome: Staver individua l’umorismo nell’assurdità di queste storie classiche, riuscendo così ad immaginarle da capo.
BP Com’era il mondo dell’arte quando ti sei laureata al MFA (Master of Fine Arts) della Yale School of Art nel 1986?
KS Peter Halley era il massimo. Essere “cool” era il massimo. Ed era tutto maschile.
BP La Yale è stata una buona esperienza per te?
KS È stata terribile, ma ho imparato molto.
BP Il Morandi americano insegnava lì mentre tu stavi frequentando?
KS William Bailey? Sì.
BP Ricordo John Currin dire che Bailey odiava il suo lavoro.
KS Oh, ma dai, era solo il suo modus operandi. John realizzava dipinti molto diversi all’epoca. Era un bravissimo pittore.
BP E alla Yale realizzavi quadri mitologici?
KS Ne ho ancora un paio al piano di sopra e li trovo orribili. Posso tirarli fuori se vuoi dargli un’occhiata.
BP Cosa ti ha fatto pensare di poter diventare una pittrice?
KS Ho iniziato con la scultura. Ho studiato con Siah Armajani. Pensavo di essere Jackie Ferrara o Mary Miss, beh, quelli erano gli artisti che volevo emulare. Realizzavo lavori in situ. Avevo persone che mi aiutavano a riordinarli.
BP Come facevi a sapere chi erano quegli artisti?
KS Era nell’aria.
BP Non ci credo. Dove sei cresciuta?
KS Vengo dal Nord Minnesota e se dovessi ancora vivere lì, ecco, probabilmente farei maglioni con le renne. Non fraintendetemi, possono essere bellissimi, ma dalle mie parti non c’è la cultura della pittura.
BP Qual è stato per te il momento del concepimento artistico?
KS Ho frequentato un collegio femminile fuori Chicago chiamato Ferry Hall. C’era una donna di nome Mrs Moses che mi disse: “So cosa c’è di sbagliato in te. Sei un’artista.” E io: “Chi sono?”. Credo che abbia capito che non sapevo come digerire il suo commento. Mi ha detto: “Va tutto bene. L’arte è un mondo intero.” Mi ha cambiato la vita. Prima di entrare a scuola facevo sempre piccoli scarabocchi, ma non avevo mai pensato di poterne vivere. Mi hanno portato all’Art Institute di Chicago per una gita. Entrammo indossando le nostre uniformi scolastiche e un ragazzo si abbassò i pantaloni mostrandoci i suoi genitali. Gli insegnanti non sapevano cosa fare, così siamo dovuti tornare fuori e aspettare sull’autobus per un po’. Ma il museo in sé è stato una rivelazione. La mostra era di Renoir. Prima di allora, l’unico libro d’arte che avevo visto era una grande monografia dorata di Dalí.
BP Questo è buffo, perché Jeff Koons dice che da piccolo aveva lo stesso libro sul tavolino dei suoi genitori.
KS Nel momento in cui sto per non considerare più Dalí, mi imbatto in qualcosa di straordinario. Per me è stato il primo artista a crearsi da solo, con i baffi e gli animali esotici. Non bastava che dipingesse. Doveva esserci una storia. Il suo modo di essere non è così interessante per me, lo è il suo lavoro invece.
BP Perché hai deciso di scegliere i miti come soggetto principale del tuo lavoro?
KS Crescendo, Edith Hamilton è stata la mia principale fonte di lettura. Ha scritto Mythology. Era così drammatico. La mia famiglia aveva un pianoforte Steinway che nessuno suonava mai. Ho preso lezioni per circa dieci minuti. Ma mi sedevo al pianoforte e mi perdevo in una fantasia in cui mi esibivo alla Carnegie Hall. Non riuscivo a suonare una nota.
BP Dopo la scuola di specializzazione hai dipinto per 30 anni senza che ci fosse un vero mercato per il tuo lavoro. Come hai fatto a sostenere questa situazione?
KS Mio marito è un economista e legge il mondo attraverso i numeri. Per me il mondo è sempre esistito sotto forma di immagini.
BP Come sei diventata così brava a retro-illuminare le figure?
KS Credo che, poiché i dipinti sono inventati, si presentano al rovescio, cioè io chiudo gli occhi ed è così che li vedo: una luce immaginaria. La retroilluminazione di una figura è teatrale, lirica.
BP Tu dipingi quasi esclusivamente con pennelli piatti. Perché questa scelta?
KS Credo che dipingere con i pennelli piatti ti renda onesto. Non crea confusione. Quando ho in mano un pennello rotondo è come se stessi per dirigere Beethoven o qualcosa del genere. Posso essere ingannata da una linea ideale. I pennelli piatti sono a contatto con la superficie.
BP Qual è un buon trucco nella pittura?
KS Cancellare. Quando finisco un quadro e non funziona, cancello una sezione e il risultato è 72 volte migliore. La gamma di possibilità si apre di nuovo.
BP Parlami del nuovo dipinto della donna con la benda.
KS Justice che le mette una benda è stato straziante. Mi piace l’arco che si trova su un lato. È come quel pezzo di corda nel dipinto di Olympia.
BP Perché ci sono delle aquile a sorreggerne il mantello?
KS Le aquile sono sempre presenti sulle monete insieme alle virtù, come la giustizia. Mi sembrava molto americano.
BP Ricordo Carroll Dunham dire che spesso riesce a cogliere meglio l’espressione di un animale rispetto a quella di un uomo.
KS Includere gli animali in un dipinto lo considero quasi come una testimonianza per proteggersi. Gli animali non mentono. Se vedi un animale all’interno di un dipinto, allora mi devi credere.
Leggi l’intervista completa sul numero di Febbraio, Issue 63.