JUERGEN TELLER IN CONVERSAZIONE CON CHARLOTTE COTTON
CC Quando penso al terreno del tuo lavoro, vedo una chiara linea nella tua attenta e aperta osservazione di ciò che sta accadendo. Il tuo modo di essere presente non è mai eccessivamente controllante nei confronti di una situazione e del suo esito. Sembra che tu riesca sempre a mantenere una sorta di libertà e apertura nei confronti di ciò che succede tra te, i tuoi soggetti e i tuoi collaboratori.
JT Ogni collaborazione è diversa. Con clienti come Marc Jacobs o Helmut Lang, il forte rapporto di fiducia reciproca mi ha permesso di scavare a fondo dentro di me e di creare il miglior lavoro possibile, a modo mio. Sia che si tratti di lavorare con un designer di moda, uno stylist, un curatore o un artista, che sia Cindy Sherman o Nobuyoshi Araki, l’affiatamento creativo è molto forte, specialmente con collaboratori come Charlotte Rampling, che è un’amica da molto tempo, e abbiamo condiviso diverse esperienze di vita. Ci confrontiamo riguardo il suo e il mio lavoro, e poi realizziamo qualcosa insieme. Può capitare che passino cinque anni in cui ci vediamo solo in occasione di qualche cena per chiacchierare, e che poi nasca una nuova idea di collaborazione. Le persone con cui lavoro mi danno libertà, si fidano di me e mi lasciano scegliere cosa fare, ed è raro, non è scontato! Nel mio caso penso accada perchè sono molto aperto e mi metto a nudo davanti agli altri. Sono onesto, non faccio nulla di subdolo; per questo motivo si crea un’opportunità, e andiamo avanti insieme.
“Penso che il tempo sia l’essenza di tutto… Lasciar scorrere, e pensare a ciò che si vuole mostrare al mondo è la cosa più importante. È un processo di apprendimento per ciò che verrà dopo.”
CC Esiste un legame tra le tue collaborazioni con altri artisti e fotografi?
JT I miei rapporti con gli artisti si sono sempre basati sull’ammirazione che ho per loro. È stato determinante in questo senso il mio primo incontro con Boris Michajlov e sua moglie Vita. Era il 1999, quando mi trovavo da Steidlville per stampare il mio libro Go-Sees, mentre Boris e Vita stavano lavorando a Case History. Parlavano ininterrottamente tra di loro e si confrontavano su tutto. Ci siamo subito piaciuti e siamo diventati amici, da quel momento abbiamo realizzato tre mostre. Ciò che condividono Boris e Vita è qualcosa di davvero straordinario. Vivono insieme, lavorano insieme. Lui fotografa lei, e curano ogni loro lavoro, insieme. Fanno tutto insieme. Ho percepito fosse un legame fantastico.
CC Mi piace l’utilizzo che fai della parola “ammirazione”, credo che tu sia molto sincero nel descrivere questo aspetto come la base delle tue intense collaborazioni con artisti che sono leggende, come i principali riferimenti nella storia della fotografia, o talenti straordinari tra cui Charlotte Rampling e Tilda Swinton.
JT Lo stesso vale per l’artista Roni Horn e per William Eggleston, che ho conosciuto quando sono andato a Memphis, l’ho fotografato per un magazine e poi siamo diventati amici. Ho anche collaborato con Araki a due mostre, e insieme abbiamo pubblicato due libri. Penso che in parte si tratti di una consapevolezza del lavoro reciproco, nel quale ci ritroviamo a vicenda, e ci apprezziamo l’un l’altro, ci piacciamo. Per me è stato davvero un onore che ad artisti come Sherman, Eggleston, Michajlov, e Araki piacesse il mio lavoro e che abbiano deciso di lavorare con me. Questo per me ha significato più di ogni altra cosa, in quanto si tratta di un interesse proveniente da persone che sanno quanto sia difficile fare quello che facciamo, e cosa significhi creare un’opera. È un enorme complimento.
CC Tornando al tuo incontro con Boris e Vita Michajlov quasi 25 anni fa, ovviamente lo collego a come tu e Dovile [Drizyte] create il vostro lavoro e la vostra vita insieme.
JT Doveva essere una cosa che avevo in mente, ma che ancora non sapevo quando mi sono innamorato di lei. Per prima cosa, lei viveva a New York ed io a Londra, dove avevo bisogno di rimanere. Quindi è stata Dovile a doversi trasferire. Poi ho pensato Cosa farà a Londra? E le ho chiesto Beh, perché non lavoriamo insieme?
CC La centralità dell’amore e dell’amicizia come stimolo e carburante per le direzioni che hai preso nella tua fotografia è, per me, il messaggio centrale del tuo libro Donkey Man and Other Stories [2021]. É un libro fantastico. Complimenti a te e Dovile.
JT Grazie. Grazie.
CC Per qualsiasi artista è una grande impresa ripercorrere oltre 25 anni di lavoro, e immagino soprattutto per te, come professionista per cui il libro è sempre stato un mezzo fantasioso e spesso incentrato su un singolo progetto. Puoi raccontarmi della realizzazione di Donkey Man and Other Stories?
JT Era da un po’ che pensavo di fare un libro che celebrasse le riviste e i media stampati, e ciò che si può realizzare al loro interno. All’inizio c’erano The Face e i-D, e la storia moda di otto pagine o un paio di foto per un articolo su un musicista. Poi i magazine sono passati a questo altro formato in cui, per esempio, Wolfgang Tillmans o io avevamo a disposizione 40 o 100 pagine per esprimerci in un modo diverso da un libro, ma che porta i nostri racconti visivi nel mondo, per essere visti da molte persone. Sono rare, ma mi piacciono le collaborazioni che ho avuto con Art Director di alcuni magazine, come Phil Bicker e Ashley Heath, perché ci hanno dato lo spazio di creare qualcosa di totalmente nuovo che celebrasse la forma del magazine. Volevo unire tutte queste esperienze in un unico libro.
CC Il libro racconta il viaggio creativo della fotografia editoriale come genere, nella sua forma migliore, attraverso la tua carriera. Ci sono momenti del viaggio in cui hai avuto l’opportunità di essere in un luogo in cui si è svolta un’esperienza eccezionale. Ma ci sono anche le tue osservazioni di situazioni ordinarie, che raccontano il modo magico in cui il tuo obiettivo risolve o cattura qualcosa che è realmente accaduto. Mi sono anche piaciute le tue note sull’attesa per Rihanna, e il fatto che riveli al lettore quanto un servizio fotografico richieda ancora un’intensa concentrazione, e che porta con sé l’ansia di ciò che sta per succedere.
JT Sì, è vero. Sono ancora nervoso sul set, a volte di più, altre meno. Inoltre, non si può sempre fotografare. A volte non sai cosa fotografare, o hai bisogno di vivere la tua vita e poi viene fuori qualcosa.
CC Una delle cose che ho apprezzato è il modo in cui la tua rubrica On the Road with Juergen Teller [2009-2010] su Die Zeit attraversa il libro, pagine di testo in cui scrivi di una fotografia tratta dal tuo archivio. Sarò onesta, sono rimasta sorpresa dalla qualità della tua scrittura! É diretta e riconoscibile, e molto credibile. È come le tue fotografie, non c’è nulla di subdolo nella tua scrittura.
JT La rubrica settimanale su Die Zeit era una cosa eccitante per me. Era come fare i compiti a casa. Dovevo sedermi e scrivere una storia su una fotografia che avevo scattato. Volevo mostrare che cos’è la fotografia, o cosa si può fare nelle riviste.
Leggi l’intervista completa sul numero di Settembre, Issue 62.
Juergen Teller – i need to live è in mostra al Grand Palais Éphémère dal 16 dicembre 2023 al 14 gennaio 2024.