La vigilia delle Olimpiadi di Parigi, sacra incarnazione della competizione, ha spinto Maria Grazia Chiuri per questa nuova collezione Haute Couture a rendere un doveroso omaggio a tutti gli atleti che, dall’antichità a oggi, hanno superato pregiudizi e ostacoli per garantire parità di condizioni nelle competizioni sportive. Dior torna così all’essenza primaria e fondamentale dell’abito, tema sempre molto caro a Chiuri. Il peplo, flessuoso e assoluto, accompagna sottobraccio un materiale che non appartiene al mondo della couture: il jersey, qui proposto come maglia metallica in oro, argento e bianco, che accarezza la silhouette e ne abbraccia le forme, con l’aiuto di un bustier interno ultraleggero che struttura gli abiti. Le pieghe, che ritornano in molti capi di questa collezione, sono cucite o aperte per accompagnare il movimento. Il drappeggio, un riferimento visivo alla statuaria classica, è prevalente in passerella negli abiti di seta ingigantiti dai ricami, nelle gonne jacquard moiré trasformate dal tempo, negli ensemble in cui la gonna drappeggiata rivela un paio di pantaloni a ogni passo e negli abiti da dea, che, appesi a una spalla, svelano canottiere metalliche trasparenti bordate di raso. Una t-shirt sportiva è ornata da foglie d’oro e micropaillettes. Il rosso, colore vitale secondo Christian Dior, sublima la sfilata; l’accappatoio, impreziosito da specchi a mosaico, sceglie di disobbedire alla sua funzione: per Maria Grazia Chiuri, questo défilé rappresenta un’occasione straordinaria per coniugare la couture e lo sportswear con il classicismo, la ribellione, l’energia collettiva e, soprattutto, il valore politico del corpo femminile. Questo permette alla Maison di affermare il potere – sperimentale, ma soprattutto riflessivo – dell’azione dell’Haute Couture e il suo virtuosismo nel ripensare il fascino, l’eleganza di un individuo femminile al tempo stesso delicato e forte.
“Io non voglio costruire qualcosa attorno al corpo, voglio liberarlo”.
Nell’antica Grecia, lo sport e l’atletismo erano parte integrante dell’educazione. La filosofia prevalente sosteneva che un corpo sano fosse essenziale per i cittadini al fine di adempiere efficacemente ai loro doveri civici. All’interno di questo quadro educativo anche le ragazze erano incoraggiate a praticare attività fisiche. L’abbigliamento atletico per le donne era un indumento drappeggiato, che cadeva sopra il ginocchio, lasciando libera una spalla.
Tra i suggestivi spazi del Musée Rodin di Parigi, dove le pareti sono state adornate per l’occasione con tasselli di vetro e ricami dell’artista Faith Ringgold – pioniera nell’uso del tessuto come forma d’arte e femminista internazionale – il pubblico assiste a una sfilata di lunghi pepli bianchi, stretti in vita da cinture. La scena è intervallata da tuniche nere, tute ginniche, body, canottiere, costumi decorati con piume e pizzi, e impreziosita da dettagli metallici e inserti dorati; i capi oscillano tra regalità e trasparenza, tra materialità e tenera sofficità. I sandali legano il polpaccio. I bracciali cadono larghi sui polsi. All’idealizzazione e costrizione del corpo femminile, Chiuri oppone fluidificazione e liberazione; non è un caso che la sua prima collezione da Dior sia stata dedicata alla scherma. I tailleur pantalone in moiré bianco e velluto nero con un peplo sospeso alla vita dei pantaloni catturano molto di quell’atmosfera rilassata ma comunque ninfale, così come un abito da giorno in cady di pura seta nera con una pettorina smerlata a mano. Ma sono i vestiti da sera a guidare questo viaggio: un abito asimmetrico in lamé dorato plissettato a mano e sospeso a una cinghia di pelle illumina l’intera collezione. Chiudono le danze una tonaca lunga con pannello asimmetrico micro-trapuntato in maglia nera metallizzata e un abito da sera drappeggiato sostenuto da una collana in jersey metallico oro.
“Per me la cosa più importante nella vita è l’ispirazione. Voglio ispirare gli altri e voglio sentirmi ispirata”.