La collezione è un punto di partenza per l’indagine che mette in dialogo la moda con l’arte e il cinema. La vanità è al centro di questa ricerca, un’analisi sul modo in cui le donne vedono se stesse, una visione sul loro stesso sguardo. Passato e futuro. Semplicità e chiarezza. Istinto e casualità. Innocenza e potere. Le proposte non sono più un riecheggio del passato, un panorama di esperienze vissute, bensì un’esplorazione del candore della prima giovinezza, un rimando al periodo di verità assoluta. Il mondo e la società moderna spingono l’individuo all’influenza continua di sovrastimolazioni e sovrainformazioni, ed è per questo che per richiamare l’autenticità del vivere è necessario trovare un modo di reagire a tutto ciò. La semplicità dell’abbigliamento può significare chiarezza e precisione, sincerità, onestà e carattere. Il punto di partenza, come una tela bianca da dipingere, è un vestito bianco, lineare, in cotone. Il guardaroba dell’infanzia è di rapida comunicazione e assimilazione, tutti i pezzi sono puri nelle loro forme e funzioni. Al fianco di questi capi classici fanno capolino dei gesti spontanei che ne alterano radicalmente la forma, ma non lo scopo, che rimane integro e ben definito. Abiti chemisette in cotone sono abbassati e ripiegati sul corpo. Maglioni cinti in vinta a diventare piccoli top. Camicie attorcigliate e sovrapposte. Costumi da bagno sotto blazer sartoriali. Gonne al ginocchio create da pannelli di colore. Abiti smanicati adornati da ricami e paillettes. Gli echi del passato si lasciano intravedere nelle importanti cinture a vita bassa, così come nelle stampe che ricordano gli anni ’70, per fantasie e sfumature. La palette colori è neutra e solida in tutta la collezione, e presenta esplosioni di colori impulsive. Ed è proprio l’impulso a indirizzare tutti gli elementi, fungendo da contrasto e contrapposizione, da manipolazione della normalità. Torna ancora una volta ad essere messa in risalto l’estetica di Miu Miu come un insieme di opere consolidate, una vera e propria uniforme Miu Miu, che si è gradualmente affermata, ora pienamente realizzata.
I vari elementi vengono trasposti e combinati seguendo l’impulso. Ogni pezzo diventa altro, il diverso collocamento ne modifica lo scopo, ne altera la verità. Gli elementi cambiano da un pezzo all’altro e quello che sembra nylon in realtà è seta. Fanno da contrasto articoli iperclassici che sottolineano la manipolazione della normalità.
Vanità e inganno qui si fondono, trovano la loro realizzazione in The Truthless Times, un’idea di giornale realizzato per l’installazione che accompagna il défilé, creato dall’artista Goshka Macuga. I concetti attorno ai quali è ruotata la sua ricerca artistica sono quelli di verità, disinformazione e manipolazione. Il pubblico, sempre più influenzato da logiche di massa e punti di vista di una società moderna a tratti costringente, si trova immerso in uno scenario quasi surreale. Una rappresentazione di macchine da stampa. Tutti gli elementi presentati, e raccontati attraverso un cortometraggio realizzato proprio per permettere all’osservatore di andare alla ricerca di una investigazione individuale, sono connessi alle logiche di potere, alla libertà di pensiero e parola, e alla rappresentazione più pura. Chi osserva è tenuto a riflettere in maniera rigida sul ruolo dell’individuo, della sua libertà, delle sue influenze. In conclusione, il continuo viaggio evolutivo di Miu Miu, verso la creazione di un mondo abitato da individui pieni di vita, grintosi ed eterogenei, unici e personali, viene rappresentato da abiti semplici ma complessi. Viene definita una visione alternativa a realtà immaginarie, una verità soggettiva.