Presentata nella capitale francese, la collezione Chanel Haute Couture FW 2024/25 rende omaggio al Palais Garnier di Parigi. Sebbene sia stato recentemente ristrutturato, è ora in fase di preparazione per la gara di scherma delle Olimpiadi, motivo per cui si è reso necessario trovare una nuova sede: il regista francese Christophe Honoré è stato ingaggiato per re-immaginare il teatro per l’occasione, e la sua idea è stata quella di trasportare i palchi di velluto rosso nel bel mezzo dei suoi corridoi. Fin dalla sua nascita, Palais Garnier ha svolto un ruolo fondamentale nella storia della moda e della Maison: un luogo di esibizione e di eleganza, dove tutto ruota intorno agli sguardi, alle occhiate e al mettersi in mostra. Parallelamente sofisticata, lussuriosa, teatrale, la collezione gioca con piume, nappe, cabochon e fiori ricamati, trecce preziose, jersey laccato, morbidi tweed, velluto setoso, tulle illusorio, taffetà e raso duchesse: materiali opulenti che frusciano delicatamente ma non passano inosservati. Apre la sfilata un’ampia mantella da opera in taffetà nero, con una scollatura a balze che incornicia il viso della modella i cui capelli sono portati indietro da un fiocco in gros-grain. Il classico tailleur con gonna di Chanel è rinnovato in tweed sale e pepe con ricami di nappe o frange ai polsini e agli orli, impreziosito da pietre cabochon colorate. Segue un abito da sera con pieghe a scatola rivisitato in tweed bordeaux bordato di raso bianco, uno smoking in velluto a coste nero e una camicetta bianca con un plastron ricamato, un abito nero con una lunga culotte e una giacca corta e aderente con le spalle ricoperte di piume nere; danzano tra lunghi cappotti mantelli voluminosi e abiti da sera, evocando una tradizione scenica modernizzata e una certa scienza dello sfarzo. Opaco, lucido, laccato: la luce regna sovrana.
Sullo sfondo di Opéra Garnier, la collezione Haute Couture mette in mostra la competenza tecnica, il virtuosismo e la sensibilità degli atelier Chanel, dove circa 150 artigiani lavorano ogni giorno in sei atelier al 31 di rue Cambon.
È sempre stato un po’ un sogno quello di esibirsi all’Opéra, dice Bruno Pavlovsky.
C’è qualcosa di settecentesco nelle trine e nei falpalà, nei bustier e nei mantelli; ma anche nella geometria di certi tagli, nel senso del dramma. I volumi sono diafani, le maniche a sbuffo e le balze plissettate. Riccamente ricamata, la collezione infonde un tocco romantico ai codici della Maison. Un abito a trapezio in verde menta sospeso da fiocchi neri sulle spalle e indossato sopra a una tutina in maglia nera fa da intermezzo. Una tavolozza di colori piombo, oro, argento, avorio, fucsia, rosa pallido, celeste accenna alla più affascinante delle sedute spiritiche (non a caso, quella di assistere a una sfilata Haute Couture Chanel all’interno di Palais Garnier è davvero un’esperienza spirituale). La storia della Maison, associata a quella della disciplina della danza, dei balletti d’avanguardia di ieri e di oggi, e intimamente legata, nella sua stessa creazione, a quella del movimento, riappare nelle creazioni a forma di tutù, abiti alla Pierrot, cenni ai balletti Le Train Bleu (1924) e Apollon Musagète (1928) – per i quali Gabrielle Chanel creò costumi rivoluzionari – abiti per dive, principesse e spose. La seconda parte della collezione, ovvero quella degli abiti da sera, pone un tocco d’enfasi sul jersey laccato utilizzato per la gonna di un lungo abito a sottoveste e il corpetto arricciato del look successivo. In nero, su un cappotto con i bottoni a doppia C, il tutto brilla sotto le luci del foyer. Chiude l’ultimo atto un abito da sposa in taffetà bianco, tagliato secondo le linee voluminose dello stesso vestito indossato da Lady Diana il 29 luglio 1981 e disegnato da David and Elizabeth Emanuel.