MANIFESTO

#63

CHANGE OF SPACE

ADÈLE EXARCHOPOULOS

2021.04.15

Photography HANS NEUMANN
Fashion FALLON CASTELLA

Adèle, l’attrice più giovane ad essere proclamata vincitrice alla Palme d’Or.

CN  Hai cominciato a prendere lezioni di recitazione già da piccola, come ti si è presentata questa opportunità?
AE Ho avuto la fortuna di avere dei genitori che mi hanno incoraggiata ad intraprendere attività extracurricolari fin da piccola. Per curiosità, ma soprattutto perché non mi piaceva lo sport, ho cominciato un corso di improvvisazione nel diciottesimo arrondissement di Parigi. Era divertente, mirato e mi è piaciuto subito. Per caso poi arrivò un Casting Director che mi propose di fare un provino. È così che è cominciato tutto. Potrebbe essere tutto dovuto al caso, ma forse invece era destino.
CN Al di là della produzione teatrale della trilogia di Vengeance, la tua carriera si è svolta soprattutto sul grande schermo. È una decisione dettata da un desiderio personale?
AE Blue Is The Warmest Color mi ha spalancato le porte del cinema; dandomi visibilità e presentandomi diverse opportunità, ma pochi progetti teatrali. Ero quindi elettrizzata quando Simon Stone mi ha chiesto un incontro per parlare della sua trilogia. Bramavo il rischio, volevo costringermi a vivere il momento, e desideravo scoprire cosa significasse far parte del processo creativo di un’opera teatrale. Simon ha anche un modo molto particolare di lavorare; ci sono diversi palcoscenici, numerosi personaggi, un ritmo frenetico. Devi essere completamente a disposizione delle sue bizzarrie creative. Mi piace provare quella sensazione di rischio che comporta un’esperienza simile.

throughout the story full looks fendi.

Quando ero più giovane, tendevo a non prepararmi ai ruoli; prendevo ispirazione da esperienze personali e dal resto del cast sul set. Oggi il mio approccio si è invertito. La preparazione a un ruolo è diventata una forma di relax per me, e mi permette di essere più libera sul set.

– Adèle Exarchopoulos

CN  In un’intervista per la rivista Rolling Stones, negli anni Settanta, Elizabeth Taylor disse di non aver mai preso lezioni di recitazione e che i film, sia quelli che guardava che quelli da lei interpretati, sostituivano quel tipo di formazione accademica. Come si è evoluto il tuo modo di prepararti a un ruolo rispetto a quando hai cominciato?
AE Quando ero più giovane, tendevo a non prepararmi ai ruoli; prendevo ispirazione da esperienze personali e dal resto del cast sul set. Oggi il mio approccio si è invertito. La preparazione a un ruolo è diventata una forma di relax per me, e mi permette di essere più libera sul set. Mi fido di più del regista che del mio istinto per quanto riguarda l’identità del personaggio. Lavoro sul mio linguaggio corporeo, come per il mio ruolo in Nureyev – The White Crow, diretto da Ralph Fiennes, o per la mia voce nei panni di Agnes in Mandibules, di Quentin Dupieux. In fin dei conti, dipende tutto da quello che ti richiede il ruolo che interpreti.
CN Da amante del cinema, per me è stato entusiasmante scoprire che i volti emergenti francesi stessero diventando sempre più noti. Tu, ovviamente, ma anche personalità come Tahar Rahim, Reda Kateb, Adèle Haenel, Leïla Bekhti o Rod Paradot. Percepisci anche tu questo rinnovamento all’interno dell’industria cinematografica francese?
AE Penso che questa rivoluzione in atto nelle arti sia dovuta soprattutto ad una reazione nei confronti dei criteri che ci sono stati imposti, così come all’ipocrisia di certi scenari che sono spesso contraddittori alla vita di tutti i giorni, privi di varietà, forza e spessore. Percepisco questa sensazione di necessità, questo bisogno di dire Facciamolo noi, anche se non ci guarda nessuno e se nessuno ci seguirà è riemerso grazie al lavoro di registi come Ladj Ly e Houda Benyamina, e le scuole di pensiero che hanno fondato. L’arte è per tutti e dovrebbe essere accessibile a tutti. Il talento si trova ovunque, basta guardarsi intorno. Ci stiamo addentrando in un’era di introspezione globale su molti argomenti. Spesso le domande sono più importanti delle risposte, e la nostra generazione sta ponendo quesiti su tutto. L’arte è di per sè introspettiva. Fare arte significa anche prendere una posizione. Un tempo c’era la New Wave, ora è il momento di una Nuova Era.

CN Osservando la tua filmografia, ciò che colpisce non è solo il numero ma anche la varietà dei ruoli
che hai interpretato. Come scegli i progetti ai quali dedicarti?
AE Anche se sembrerà un po’ un cliché, scelgo col cuore e con l’istinto. A volte sono più attratta dal personaggio che dal regista, altre volte è il contrario. Può capitare che il copione non sia perfetto ma che la storia mi commuova. A motivare le mie scelte è soprattutto il bisogno di fare qualcosa di nuovo, e di esplorare territori sconosciuti.
CN Hai lavorato soprattutto nell’industria francese; con che criteri scegli un film straniero e per cosa differiscono?
AE Finora i registi (stranieri) con cui ho lavorato sono Ralph Fiennes per Nureyev – The White Crow e Sean Penn per The Last Face e per entrambi i ruoli ho dovuto superare le selezioni ai casting. Mi sono resa conto che recitare in un’altra lingua, una che non padroneggiavo completamente, mi permetteva di essere meno razionale e più onesta.
CN Questi film, le circostanze lavorative e l’esposizione mediatica che hanno comportato, hanno arricchito la tua carriera in Francia?
AE Tutte le mie esperienze mi hanno arricchito. Sia quelle positive che quelle negative, si impara provando e sbagliando. Questi progetti mi hanno consentito di correre dei rischi, di confrontarmi con nuovi modi di interagire. Gli americani lavorano duramente, e sono molto organizzati. Questi fattori ti consentono libertà totale sul set, perché sai che qualunque eventuale problema si risolverà ancor prima di cominciare. Naturalmente ogni progetto rappresenta un’esperienza diversa, ed è questo che lo rende meraviglioso.
CN Mi sembra che tu preferisca non essere scelta più volte per uno stesso ruolo. È una decisione consapevole?

AE  Lo è, il set di un film è una sorta di parco giochi, un posto dove trasformarsi. Le scelte professionali che fai sono importanti e decisive. Ciò che mi stimola è un forte desiderio di esplorare. Ho sempre ammirato gli attori che si trasformano per un ruolo. Persone come Christian Bale o Sean Penn, quando creano un personaggio, sono completamente credibili. E come con la fede, le scelte che fai portano anche dubbi.
CN Nonostante la tua fama, hai mantenuto privata la tua vita personale. Come riesci a tenere questa parte della tua vita lontano dai riflettori?

AE Promuovere un film fa parte del gioco, ti batti per lui, ne parli, lo porti ai festival. Ovviamente l’immagine che presentiamo di noi stessi in quel momento
è diversa da quella che mostriamo nel nostro privato. Io sono più introversa di quanto non dia a vedere.
 Ma mostrare se stessi ha i suoi limiti, ad esempio Instagram è una piattaforma che ti consente di creare
 le tue regole. Io lo uso in linea con i tempi promozionali di un film, o per sostenere cause a me vicine… ma quando si tratta della mia famiglia, dei miei amici più stretti o dei momenti privati, sono solamente miei,
e non ho bisogno di condividerli col resto del mondo. Non necessito di approvazione, anzi.
CN La tua personalità e i progetti a cui scegli di partecipare sono molto in sintonia col periodo in cui viviamo. C’è un’era passata nell’industria del cinema
 di cui avresti voluto fare parte?
AE Non sono per nulla nostalgica, ma i grandi classici del passato continuano ad influenzare me e la
 mia generazione. Amo soprattutto i primi film di Abel Ferrara e tutto il lavoro di Martin Scorsese, e sono un’appassionata di Raymond Depardon.
CN Recentemente hai avuto un ruolo nella serie televisiva comica La Flamme. Non ti avevamo mai visto in questi panni. Ti piacerebbe fare più commedie?

AE Adoro le commedie, e La Flamme è una delle esperienze lavorative migliori che abbia mai affrontato. Ciò che mi ha colpito di più sono l’affettuosità dei registi e la generosità delle altre attrici. C’è qualcosa di nobile nel regalare risate e divertimento ad un pubblico. Ho sempre amato le commedie, e ho sempre sognato di farne una. In Francia è facile essere sempre
lo stesso personaggio, finire in gabbia. Vogliono che tu rimanga nello stato originale in cui ti hanno conosciuto, ma mi considero ben determinata nel voler girare più commedie. È stata una gran fortuna che Quentin Dupieux abbia deciso di lavorare con me sul suo ultimo progetto, Mandibules.
CN In Francia, i media stanno dedicando maggiore attenzione ai temi di violenza sessuale, consenso, razzismo e brutalità poliziesca. Finalmente questi temi si discutono apertamente. Pensi che questo cambiamento collettivo si sia riflesso nel tuo cinema?
AE Credo che la mia generazione sia finalmente pronta ad affrontare questi temi fondamentali. Se vogliamo l’occasione di cambiare il corso della storia, dobbiamo affrontare queste problematiche di petto. 
I politici non ci salveranno; lo faranno solo le nostre idee e la nostra solidarietà. Questo risveglio collettivo, questo desiderio di profondo cambiamento culturale, io lo percepisco. E se i film vogliono diventare parte della storia, o perlomeno rifletterla, allora sì, i grandi cambiamenti devono avvenire anche qui.
CN Com’è cambiato il tuo lavoro di attrice da quando hai cominciato, e quali ulteriori evoluzioni vorresti vedere?
AE È cambiato radicalmente. La mia generazione si prende più rischi, non rincorriamo l’approvazione o
il successo economico tanto quanto in passato. Diamo forma ai nostri desideri con convinzione e con tutti i mezzi disponibili. C’è ancora molto lavoro da fare quando si pensa alla rappresentazione della realtà vera. Ci manca ancora un certo livello di spessore, senza il quale si finisce per produrre copioni che distorcono il reale e creano caricature di individui che non riflettono la diversità sociale e razziale in cui tutti noi viviamo.

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