La storia di Givenchy è fatta di pochi ma rappresentativi passaggi di consegna che hanno costruito nel loro susseguirsi soluzioni potenti ed espressive che hanno permesso di comunicare le temporalità della moda di un brand che vive da settant’anni. La monografia è un’opportunità per tracciare lo sviluppo creativo del fondatore della Maison e dei suoi successori, esplorando i loro primi passi e i loro successi. È allo stesso tempo la presentazione di una linea temporale sulla quale sono sedimentati i dubbi, le innovazioni, le sperimentazioni e la tanta ricerca di questa storia ancora nel pieno del suo divenire. Le 180 collezioni testimoniano un livello di inventiva sconsiderato e una sincera capacità di coccolare il grande pubblico. Perfettamente incarnata dalla musa e amica Audrey Hepburn, Givenchy già nel 1952 si stabilisce come simbolo di eleganza senza sforzo, e non possiamo dire che la sua filosofia sia stata tradita nel tempo, oggi infatti Matthew Williams fa di questa informalità il suo statement.

“Fin dalla mia infanzia sono stato sedotto dalla moda. Il mio lavoro è stato la mia vita. Il mio mestiere è stato il più bel lavoro che potessi fare ed ecco perché l’ho amato così tanto e perché l’ho scelto fin dall’inizio. Non smetterò mai di amarlo, mai.”
Givenchy Sfilate è un libro sofisticato che offre una panoramica impareggiabile di tutte le collezioni attraverso le fotografie originali delle passerelle. Dopo il ritiro di Hubert de Givenchy, nel 1995 è John Galliano a prendere le redini, che per omaggiare il suo predecessore, replica il momento apice di My Fair Lady, quello in cui Audrey recita il monologo “The Rain in Spain”: le quinte in velluto nero si allungavano sulla passerella bianca, creando lo stesso effetto ottico architettato da Avedon. Fu un modo perfetto per non tradire il legame con il passato della Maison e annunciarne il rinnovamento, ma anche un procedimento per inserire il teatro nella moda. Galliano viene prima di un giovane Alexander McQueen, che crea la sua prima collezione haute couture per Givenchy. Nel 2001 è Julien McDonald a portare un approccio più sfarzoso e glamour al brand, come l’indimenticabile Fall Winter 2001 Couture alla quale conferisce un tocco maschile e deciso ma allo stesso tempo sensuale e leggero. La sua missione fu proprio quella di stabilire una nuova identità commercialmente valida mantenendo un legame poetico con il passato.

“Per me, la moda esprime un punto di vista in cui il formale e l’informale, la costruzione e il confort coesistono. Il mio credo sta nel lusso di infondere i vestiti con la tua personalità, non essere indossati da loro.”
Più recentemente, è l’italiano Riccardo Tisci che ha guidato Givenchy per dodici anni in una direzione radicalmente contemporanea, portando la Maison ad un altissimo livello. Tisci dimostra di saper fare moda raffinata e sempre all’avanguardia, sfidando le convenzioni e unendo le forme della moda all’arte e alle culture del mondo. È seguito da Clare Waight Keller e dall’americano Matthew M. Williams.
Alexandre Samson e Anders Christian Madsen, critici e storici di moda, curano Givenchy Sfilate affinché le 180 collezioni presentino un’opportunità di riscoperta del brand, e dedichino a tutti gli appassionati di moda un libro che tracci le traiettorie estetiche degli anni passati, attraverso moltissime immagini che sembravano essersi perse nell’era pre-digitale.

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