MANIFESTO

#64

MUSE TWENTY FANZINE

NAUDLINE PIERRE

2022.10.01

Photography CLÉMENT PASCAL
Interview HANS ULRICH OBRIST

Hans Ulrich Obrist in conversazione con Naudline Pierre. Dipinti che viaggiano dalla fantasia all’iconografia richiamando mondi immaginari. Figure alate fluttuano insieme in un ambiente infinito, rappresentando intimità e salvezza.

HUO Hai appena tenuto una mostra a New York, alla James Cohen, giusto?

NP Sì, esatto. Si è conclusa a giugno.

HUO Il titolo era Enter the Realm e negli spazi c’erano dipinti, disegni e sculture. È interessante perché ho pensato molto all’idea dei ritratti e della costruzione di un’ambientazione immaginaria. Puoi raccontarmi qualcosa a proposito di questo pensiero e della mostra?

NP Penso sempre alla costruzione di un mondo fantastico. Con Enter the Realm sapevo di voler ampliare alcune modalità messe in pratica in precedenza, volevo raggiungere un mezzo di espressione tridimensionale, mentre fino ad allora avevo principalmente abbracciato quello bidimensionale. Sapevo di voler creare un portale e un ambiente immersivo, in cui si potesse entrare, ma anche sperimentare fisicamente gli elementi dei dipinti stessi. Volevo creare un’apertura verso un altro mondo, una sorta di ingresso a proprio rischio e pericolo.

HUO Cosa significa il titolo Enter the Realm? In un certo senso sembra suggerire che lo spettatore si addentri in questa visione ultraterrena, che effettivamente “si entri nel regno”.

NP Nel mio processo creativo penso ai titoli quasi alla fine, devo prima vedere l’intera opera e capire cosa sto cercando di dire, poiché tutto accade mentre creo, nel processo. Il titolo stesso è stato un segnale per andare più a fondo in questo universo. A volte la porta è spalancata e accogliente, a volte è chiusa, a volte devo buttarla giù. In questo caso si trattava di entrare in uno spazio che non è qui, in un luogo lontano. 

Stronger Than You Think, Softer Than You Know, 2022

“Penso sempre alla costruzione del mondo. In Enter the Realm volevo raggiungere un mezzo di espressione tridimensionale e creare davvero un ambiente immersivo.”

– Naudline Pierre

HUO Ogni tua scena presenta un catalizzatore di cambiamento. Che cosa significa per te questa presenza in ogni dipinto? 

NP Mentre realizzavo l’opera le chiedevo: “Cosa stai cercando di dirmi? Cosa sto vedendo? Cosa sto facendo?”. Così ho iniziato a vedere un tema: il cambiamento. Esso è diventato globale nel mio lavoro, ma anche un personaggio a sé stante, in grado di spostare la composizione verso cose che non avevo mai fatto prima, come l’inclusione di un ambiente fisico. È stato un modo per ritrarre le mie figure in movimento. In ognuno di questi mondi si verifica una transizione, che sia emotiva o fisica, o semplicemente nei colori e nei toni. Mi rendo conto che ci sono molti cambiamenti, sia per i personaggi, nelle loro storie individuali, sia nell’opera stessa.

HUO L’ultima volta che abbiamo chiacchierato abbiamo parlato di fiamme. In questi tuoi dipinti ci sono anche fiamme e trasformazioni. Puoi parlarci di quando e come sono comparse le fiamme nei tuoi dipinti?

NP Le fiamme sono presenti fin dall’inizio, ho sempre dipinto molte fiamme e raggi di luce. Per me erano come una fonte di calore, un elemento compositivo, mi aiutavano a capire lo spazio all’interno dei dipinti. Creano allo stesso tempo un senso di tensione e di pericolo, ma anche di passione. E si tratta in realtà di una transizione: quando qualcosa si infuoca, ne esce cambiato.

HUO Poi vi sono le ali, che fanno riferimento agli angeli, alla trascendenza, alla trasfigurazione. Quando sono apparse?

NP Le ali, come le rappresentazioni del fuoco e del serpente, fanno parte del mio lavoro fin dal principio, ma più recentemente hanno iniziato ad assumere una forma più evidente. Nei miei ultimi lavori si capisce chiaramente che si tratta di ali. Quando hanno iniziato ad essere presenti erano più amorfe, ma col tempo sono cambiate; ora sono più dettagliate, e occupano più spazio. Si stanno evolvendo insieme ai personaggi e alle opere. 

HUO Sei sempre connessa al passato. Come inventi il futuro con i frammenti del passato?

NP Sento che il passato è presente, anche nel futuro, ed è tutto collegato. Lo sento nel profondo del mio essere. Penso che il passato sia sempre con noi, quindi lo vedo sicuramente nel mio lavoro. Si tratta anche di ritagliare qualcosa di nuovo, mescolare tutto insieme e rifarlo ancora, cercando di ottenere qualcosa di migliore.

HUO Quando dipingi, chi sono gli artisti che ti immagini di avere al tuo fianco? 

NP Questo è un ottimo modo per pensarci. Immagino di dipingere con William Blake e naturalmente con El Greco. Credo che quando la gente pensa al mio lavoro, le venga in mente Bob Thomson, e devo includere anche Belkis Ayón e Tiziano tra i miei riferimenti. In particolare nei lavori più recenti, mi sono impegnata a escludere tutto, quasi a entrare in un bozzolo, in una crisalide e a lasciare che le cose fluissero attraverso di me. Sono stata davvero intenzionata a mettermi i paraocchi e a lasciare che l’opera mi accompagnasse nel viaggio per arrivare alla mostra finale.

HUO Goya è importante per te?

NP Penso anche a Goya. Mi piace la disperazione che c’è in alcuni dei suoi lavori, mi sembra frenetica e intensa, mi ci sento davvero in sintonia.

HUO Ho letto che sei cresciuta circondata da iconografie religiose e storie ecclesiastiche e che hai un forte legame con il paese dei tuoi genitori, Haiti. Immagino che tutto ciò sia stato una grande influenza.

NP I miei genitori sono nati ad Haiti, io sono nata negli Stati Uniti. Sono cresciuta in un ambiente puritano con una specifica visione della vita, dove l’attenzione era rivolta alla fine del mondo, alla fine di tutto e alla speranza di qualcosa di meglio. C’era la convinzione che questa esistenza non fosse l’ultima tappa e che la nostra vera forma si sarebbe trovata in un altro universo. È un concetto intenso, e credo si possa riscontrarlo nel mio lavoro. Dipingo un luogo lontano a cui non posso accedere, e naturalmente questo si manifesta nelle sfumature apocalittiche dei miei dipinti e delle mie sculture. Questo tipo di linguaggio ha sempre fatto parte della mia educazione. È pieno di mistero e il mistero mi aiuta ad accedere all’opera: se capisco completamente qualcosa, mi annoio.

HUO Sono curioso riguardo il tuo processo creativo. Dici che quando lavori ad un progetto vai dritta fino alla fine. Come arrivi alla fine, al traguardo? Fai degli schizzi, delle bozze? Come si evolve il tutto? E la domanda più difficile: quando consideri un dipinto finito? 

NP Solitamente inizio con un piccolo schizzo, uno scarabocchio per trovare la composizione. Lo step successivo è riflettere sulla palette colori, normalmente raggiungo una vaga idea dei colori che voglio utilizzare nel dipinto. Successivamente sposto la mia attenzione sulla figura centrale, che è ripetuta nella maggior parte dei miei lavori. Una volta stabiliti i colori, penso a cosa voglio ottenere. Proseguo con una pittura di fondo che mi permette di fare degli errori, e di aggiustare i corpi. È un processo intuitivo, non ho tutto ben chiaro dall’inizio, ma torno sui miei passi e cerco di approcciare il lavoro con un occhio più critico. Sapere quando un dipinto è finito, è difficile; alcune volte sembra una lotta tra me stessa e il dipinto, altre volte invece sembra uno sforzo collaborativo. 

HUO Come ti sei avvicinata alla scultura?

NP La scultura mi è sembrata una progressione naturale; sono passata dai lavori su carta ai dipinti tridimensionali, cercando di collegare lo spazio fisico con l’immaginazione. Sapevo di voler proseguire ed evolvere. Sentivo che il passo successivo era quello di creare superfici dipinte con le quali si è costretti a interagire, a lavorare e a vederne tutti gli angoli. Per Enter the Realm ho creato strutture, absidi e poi il portale. Ed è tutto collegato. Voglio continuare con la scultura perché penso sia un mezzo importante per espandere il mondo che sto creando.

HUO Penso che per un artista ci sia il desiderio, e forse anche la necessità, di andare oltre. È interessante il fatto che la nostra sia una cultura ricca di mostre, di esibizioni. Tuttavia ci sono tante altre modalità attraverso le quali l’arte può essere esposta, per esempio l’arte pubblica e i murales. Durante la nostra ultima conversazione abbiamo parlato di cappelle, non necessariamente religiose, anche laiche. Molti artisti forse trascendono l’idea della mostra, e ricordo che tu nei hai parlato.

NP Sono ancora ossessionata dall’idea delle cappelle e dalla creazione di questo tipo di spazi. Anche quando l’arte è commerciale, ci sono molti altri modi di approcciarsi alla creazione di opere, di mostrarle e di renderle accessibili. Penso sia importante ripensare a forme d’arte che vivono al di là di questo ciclo, e le cappelle ne sono un esempio. Quando si pensa alla scelta di questi spazi, è importante avere un luogo di incontro, un luogo di riposo, un luogo in cui assorbire cose che trascendono il mondano o il quotidiano. 

HUO Mi piace quest’idea, e naturalmente sarebbe bello sapere se hai qualche progetto non realizzato in questa direzione. Hai mai fatto disegni di spazi diversi da cubi bianchi, o li hai mai anche solo sognati?

NP Non li disegno ma li sogno. Desidero sempre creare un’esperienza sensoriale, in cui ci si possa sentire lontani dalla realtà. Mi piace guardare film di fantascienza. Cerco una via di fuga, e sono sicura che anche le altre persone lo facciano. È una fuga consensuale, riflessiva, non solo si tratta di una fuga dalla vita, ma di entrare in un luogo che ti fa venire la pelle d’oca. Sono sempre alla ricerca di momenti che facciano sentire così, e a volte è difficile trovarli.

HUO Ho letto una bella intervista dove hai parlato dell’idea dell’alter ego che hai deciso di mettere su un piedistallo, in un contesto materiale.

NP Ti riferisci alla mia protagonista. È un essere completamente separato da me e non posso accedere alla sua esistenza, tranne quando la dipingo. Il suo dono è quello di apparirmi in una forma che comprendo, come una creatura che mi somiglia in qualche modo. Come con tutti gli altri personaggi, io riesco a vederli, e vedo anche lei, attraverso una moltitudini di aspetti e in varie forme, ma poi scelgono di venire a me in una forma specifica che posso riportare sulla tela. Lei cresce e io cresco, ma lo facciamo in universi separati, forse paralleli, forse perpendicolari, e ci incontriamo sulla tela, sulla superficie. E anche nella scultura. Posizionarla su un piedistallo è molto importante per me, mi aiuta a costruire un mondo che voglio vedere. 

HUO Oltre al piedistallo c’è anche il portale, il cancello. Mi puoi parlare dei tuoi dipinti come portali? 

NP Un portale è una via di accesso verso un altro luogo. Non è sempre aperto e potrebbe chiudersi su di te, questo descrive completamente i dipinti. Sento che per realizzarli devo entrare in un portale e che poi diventano anche essi stessi dei portali. Enter the Realm è stato un altro punto di accesso a quel mondo. A volte è difficile per me accedervi, e devo implorare i personaggi di mostrarmi come andare avanti. A volte invece tutto scorre facilmente e sento che forse non c’è alcun portale, forse sono io stessa il portale, fisicamente. Il portale è un elemento fondamentale del mio lavoro per la sua fragilità, e non posso darlo per scontato. 

 

Leggi l’intervista completa sul numero di Settembre, Issue 60.

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