MANIFESTO

#63

CHANGE OF SPACE

JORDAN WOLFSON

2022.03.07

Photography JASON SCHMIDT
Interview BEATRIX RUF

In conversazione con l’artista Jordan Wolfson che racconta dell’importanza della reazione degli spettatori al suo lavoro e di come il concetto d’illusione agisce sulla pratica artistica.

BR   Perché pensi che il tuo lavoro sia controverso? Ovviamente il tuo progetto di realtà virtuale Real Violence è fortemente controverso, così come il tuo modo di parlare in maniera piuttosto polemica della sessualità, della violenza, ma anche dell’amore.

JF   Penso che Real Violence abbia avuto la reazione che ha avuto perché alla fine si trattava di una specie di attacco al sistema nervoso dell’osservatore. Credo che, in un certo senso, sia stata questa la problematica riscontrata dal pubblico. Quando subisci una sorta di violenza al sistema nervoso, inizialmente reagisci in modo totalmente irrazionale. Quindi le persone si sono subito arrabbiate con me per l’opera d’arte. Non se la sono presa con i personaggi all’interno dell’opera, colpevoli di tutte le accuse (Io stesso ero uno di questi). Non erano necessariamente arrabbiati nemmeno per quel che stava accadendo nell’opera. Credo fossero arrabbiati per la sensazione che hanno provato nel corso della visione, e poi con me in quanto responsabile di avergli causato quella reazione. Credo sia interessante come gli esseri umani possano essere esposti all’irrazionalità attraverso la rappresentazione. Personalmente esiste solo un’opera che mi ha offeso, ovvero il muro di lupi tassidermizzati di Adel Abdessemed. L’ho trovata una vera crudeltà verso gli animali, mi ha disturbato, perché in qualche modo è reale. È una vera violenza. Ma in Real Violence l’unica persona che ha sofferto sono io, perché ho preso un colpo della strega mentre stavo eseguendo la scena dell’omicidio; e un robot, al quale abbiamo digitalmente cambiato il volto. A nessuno è stato fatto del male. Ma credo ancora che il pubblico abbia avvertito un’aggressione al sistema nervoso, reagendo in maniera ipervigile e irrazionale.

“L’illusione è sostanzialmente uno spettacolo. Tuttavia, se neghi l’inganno e mostri le cose per quello che sono, nella loro nuda verità, mantengono la tensione dell’astrazione.”

-JORDAN WOLFSON

BF   Hai detto che ad interessarti nella scultura è il coinvolgimento delle persone rispetto all’opera, questo non riguarda l’illusionismo, ma senza dubbio la realtà virtuale è illusionismo. Abbiamo parlato di come i tuoi lavori in un certo senso, siano molto più simili a Brecht, e di come tu non sia poi così interessato all’illusione…

JF   No, non sono interessato all’illusione.

BF   In (Female Figure) i meccanismi dell’opera vengono mostrati con chiarezza, cosí come anche in Colored Sculpture. Non sei mai attratto dall’illusione della creazione, e dalla possibilità di creare qualcosa in cui immergersi e sparire.

JF   Quello che penso riguardo l’illusione è che, in un certo modo, sia molto irrispettosa nei confronti dello spettatore. L’illusione è sostanzialmente uno spettacolo. Tuttavia, se neghi l’inganno e mostri le cose per quello che sono, nella loro nuda verità, mantengono mantengono la tensione dell’astrazione. Bruce Nauman ha affermato che un’opera d’arte è spesso una combinazione di piú elementi, la tensione tra ciò che viene rivelato e ciò che resta nascosto. Secondo questo ragionamento, se il meccanismo è celato, e l’oggetto, lo spettacolare, viene mostrato, a mio avviso non è molto interessante. Ma se il sistema viene esposto, allora si viene a creare una misteriosa tensione tra il vedere e l’osservare l’opera in questione. È un po’ come il confronto che hai fatto con Brecht. In sostanza, il fatto che tutto venga mostrato diviene un aspetto positivamente problematico per lo spettatore. Mi spiego?

 

 

 

Leggi l’intervista completa sul numero di MUSE di Febbraio.

 

 

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