Sheer: The diaphanous creations of Yves Saint Laurent
Musée Yves Saint Laurent, Paris
From February 9th until August 25th, 2024
Erano solo gli anni Sessanta quando Yves Saint Laurent decise di introdurre materiali come chiffon, pizzo e tulle nelle sue collezioni, trasformando il concetto tradizionale di vestire in una sottile alternanza tra presenza e assenza che plasmerà per sempre l’immagine della Maison. La mostra Sheer al Musée Yves Saint Laurent di Parigi, una storia di couture cominciata alla Cité de la Dentelle et de la Mode di Calais e curata da Anne Dressen, esplora il tema della fluidità del nudo e dei corpi attraverso i capi iconici della Maison francese, tra cui il topless habillè e il Nude Dress della collezione primavera/estate del 1968: un abito in chiffon completamente trasparente lungo fino al pavimento e adornato solamente da un anello di piume di struzzo intorno ai fianchi, modellato da Danielle Luquet de Saint Germain e indossato da Laetitia Casta nel 2010. Attraverso una sessantina di modelli provenienti dalle collezioni della Pierre Bergé Foundation e del Museum for Lace and Fashion, il percorso espositivo offre una panoramica dettagliata dei capi realizzati con diversi tessuti – come il cigaline – che hanno consentito allo stilista d’origine franco-algerina di esplorare molteplici sfumature di trasparenza. La mostra, articolata in cinque sezioni tematiche, include anche accessori, schizzi, fotografie e motivi su carta da lucido che svelano il processo creativo del couturier che a soli 21 anni prese in mano le redini della Maison Dior.
“Ho lavorato per un bel po’ di tempo con tessuti diafani. L’importante è mantenere la loro natura misteriosa. Penso di aver fatto del mio meglio per la liberazione delle donne. Ho creato abiti perfettamente in sintonia con il Ventunesimo Secolo”.
Yves Saint Laurent affrontava il design dei vestiti secondo il concetto di architettura applicata al corpo. Costruito sempre attorno alle forme femminili, l’abito veniva prima disegnato su carta prima di essere completamente realizzato come prototipo su tela. Per ogni capo, i modelli disegnati su carta da lucido mostravano le sue parti destrutturate viste frontalmente e posteriormente. I rotoli di carta venivano poi riempiti con annotazioni tecniche e istruzioni per il cucito. Quando veniva scelto un tessuto diafano per il capo, le linee di cucitura sottostanti che lo strutturano venivano rese esplicite. Yves Saint Laurent adottò l’organza, un tessuto flessibile ma dall’aspetto rigido, con l’obiettivo di rivelare le linee della costruzione architettonica del capo, creando nel contempo una silhouette grafica ed elegante. Fin dai primi anni di carriera ha lavorato fianco a fianco della liberazione femminile: le donne vestite da Yves non sono mai passate inosservate, diventando persino l’opposto vivente di ciò che, in questo caso, potrebbe considerarsi trasparente. La prova più evidente di ciò è la figura della sposa che chiude la mostra: cattura lo sguardo dello spettatore sotto un velo di tulle o pizzo. Il designer amava dare un tocco finale e non conformista alle sue sfilate, motivo per cui nel 1981 spiegò in una nota manoscritta che, dopo aver sfilato sulla passerella, un abito dovrebbe tornare sul proprio podio velato di tulle nero e un bouquet di rose scure, seguito da due bambini ispirati a Goya. Questo uso del velo assume per lui un elemento di mistero, suggerendo una presenza tanto quanto un’assenza, permettendo alle donne di affermare la loro più profonda libertà. L’overlay di tulle sugli abiti da sposa, che poteva essere bianco così come viola o rosso, confondono la natura diafana dei capi, rendendoli meno semplici e più ambigui.
Il termine fluido, sia applicata ai tessuti che al genere, descrive perfettamente lo stile di Yves Saint Laurent. Come sapeva che le donne potevano affermare una femminilità ribelle indossando pantaloni, proprio lui, meglio di chiunque altro, era in grado di catturare il movimento utilizzando tessuti morbidi e diafani.
Tra le altre opere, i disegni ipnotici di Anne Bourse riecheggiano sovrapposizioni di tessuti e colori del couturier; le rayografie sperimentali e le foto di moda di Man Ray richiamano le ricerche del couturier sul pizzo; la fluidità della mussola e il suo movimento sono presenti nella danza serpentina di Loïe Fuller, catturata dai fratelli Lumière; infine, un’opera della serie Transparencies di Picabia tenta di rendere visibile e invisibile la sua modella, l’elusiva parte della sua persona. Nella sezione successiva della mostra, il corpo femminile viene gradualmente svelato attraverso l’uso di tessuti diafani a traforo. Utilizzando pizzo e tulle, alcune parti del corpo sembrano quasi rese astratte, come se fossero illuminate. Al piano superiore, l’esposizione esplora il movimento fluido generato da tessuti morbidi, come la mussola, che animano il corpo, coprendolo e rivelandolo, accompagnandolo come se fosse una seconda pelle, una nebbia onirica. Diverse silhouette da sposa con i loro veli di tulle, amati e spesso reinventati da Yves Saint Laurent, chiudono l’esposizione. Anche se le spose di Yves Saint Laurent non sono mai state del tutto trasparenti, tuttora si affermano con un senso di libertà inafferrabile. Sheer: The diaphanous creations of Yves Saint Laurent permette al visitatore di scoprire la visione artistica, percettiva e poetica del grande couturier; la sua ribellione creativa contro le proibizioni della società rimane in questo momento storico più ispiratrice che mai. Un viaggio attraverso la vita di Yves Henri Donat Mathieu Saint Laurent e i codici della rivoluzione sessuale.