Typologien: Photography in 20th-Century Germany
Fondazione Prada, Milan
From April 3rd until July 14th, 2025
Alla Fondazione Prada di Milano, la curatela di Susanne Pfeffer non propone una narrazione lineare, ma un esercizio di lettura paziente e profonda. In mostra fino al 14 luglio, il progetto riunisce oltre 600 opere di 25 artiste e artisti, trasformando l’archivio fotografico in una grammatica visiva di classificazione.
L’allestimento – fatto di pareti sospese che segmentano lo spazio – rispecchia la logica interna delle immagini: rigorosa, nitida, ma anche aperta a connessioni impreviste. Come in un cabinet de curiosités scomposto, la mostra accosta figure fondamentali come August Sander e Bernd e Hilla Becher a voci meno note come Margit Emmrich o Ursula Böhmer, creando continuità e contrasti all’interno di una struttura tipologica.
Il percorso espositivo segue un principio formale mutuato dalla botanica del XVII e XVIII secolo, quando si tentava di classificare la natura attraverso analogie e distinzioni. Questo stesso metodo—applicato alla fotografia a partire dagli inizi del Novecento—si è affermato in Germania come strumento per osservare, interpretare e restituire il reale in modo apparentemente oggettivo. Come afferma Pfeffer: “Solo l’accostamento permette di scoprire, nel confronto diretto, che cos’è individuale e che cos’è universale, normativo o reale. […] Il confronto tipologico lascia emergere differenze e somiglianze, e coglie le specificità.”

opening image: Thomas Ruff, Portraits, 1988. MUSEUM MMK FÜR MODERNE KUNST, Frankfurt am Main © Thomas Ruff, by SIAE 2025.
In mostra, mucche si confrontano con fabbriche, orecchie con impianti stereo, e i volti umani assumono la stessa dignità formale di un serbatoio d’acqua o di una felce. L’effetto è quello di un esercizio concettuale che trasforma l’atto del guardare in una riflessione visiva sul modo in cui costruiamo senso e appartenenza.
L’eredità visiva di Karl Blossfeldt—con i suoi atlanti vegetali che fondono rigore scientifico ed estetica proto-modernista—dialoga con i ritratti di August Sander, che Walter Benjamin definì un “atlante di formazione” alla percezione fisiognomica. Bernd e Hilla Becher portano questo approccio al suo grado zero, con sequenze seriali di architetture industriali isolate e frontali. “L’informazione che vogliamo trasmettere,” scrivevano, “si crea solo per mezzo di una sequenza.”

Candida Höfer, BNF Paris XXIII 1998. © Candida Höfer, Cologne, by SIAE 2025/VG BildKunst, Bonn 2025.
Ma se la tipologia sembra sinonimo di oggettività, Pfeffer ne rivela la natura ambigua: “un concetto estremamente problematico e complesso che opera in una condizione paradossale.” La classificazione diventa anche gesto soggettivo, selezione arbitraria, potenzialmente disturbante. In un’epoca dominata dall’istantaneità digitale, dalla moltiplicazione algoritmica delle immagini, fermarsi ad osservare—ripetizione, variazione, struttura—acquista un valore quasi sovversivo.
È il caso di Isa Genzken, che in Ohr (Ear) isola un dettaglio fisiognomico—l’orecchio di donne sconosciute per le strade di New York—per riflettere sull’unicità invisibile. O di Candida Höfer e Thomas Ruff, che partendo dall’approccio becheriano, ne disinnescano la rigidità, privilegiando ambienti interni, colori saturi e una bellezza silenziosa.
Come osserva Pfeffer: “Quando tutto sembra gridare e diventare sempre più brutale, è fondamentale prendersi una pausa e usare il silenzio per vedere e pensare con più chiarezza.” Typologien è proprio quella pausa: uno spazio visivo e mentale dove l’archivio si fa meditazione, la sequenza diventa struttura, e ogni immagine—anche la più ordinaria—apre una possibilità di significato.
Per maggiori informazioni fondazioneprada.org.