MARIO MERZ

2024.11.12

Testo di Cecilia Monteleone

Qualcosa che toglie il peso che mantiene l’assurdità e la leggerezza della favola

 

La Fondazione Merz ci invita a entrare in uno spazio in cui il peso della realtà si dissolve, lasciando solo la cruda essenza del mondo.

Mario Merz. Qualcosa che toglie il peso che mantiene l’assurdità e la leggerezza della favola

Fondazione Merz, Turin

From October 28th, 2024 until February 2nd, 2025

Mario Merz, una delle figure più influenti dell’Arte Povera italiana, è nato il 1° gennaio 1925. A quasi un secolo di distanza, la Fondazione Merz rende omaggio al suo fondatore con una mostra in due parti. Il primo capitolo si è svolto la scorsa estate; il secondo è stato inaugurato il 28 ottobre e durerà fino al febbraio 2025. Il titolo, Qualcosa che toglie il peso che mantiene l’assurdità e la leggerezza della favola, potrebbe sembrare uno scioglilingua filosofico, ma è una citazione diretta dello stesso Merz: “Vorrei avere la firma di qualcuno che è stato curato dalla proliferazione. Qualcosa che tolga il peso… Penso ai numeri uno dopo l’altro in un’espansione proliferante… Sono un tappeto volante su cui vivere… Che conserva l’assurdità e la leggerezza della favola…”. Merz, qui, sta parlando di quel delicato, impossibile equilibrio tra pesantezza e leggerezza, struttura e libertà, assurdo e profondo.

Mario Merz, Qualcosa che toglie il peso che mantiene l’assurdità e la leggerezza della favola. Courtesy Fondazione Merz.
Mario Merz, Qualcosa che toglie il peso che mantiene l’assurdità e la leggerezza della favola. Courtesy Fondazione Merz.

Questo secondo capitolo della mostra presenta una vasta gamma di installazioni, igloo, tavoli, dipinti e opere su carta. La prima sala presenta gli igloo di Merz, strutture in tubi metallici rivestite di tutto, dal fango al tessuto, dalla sabbia ai rami, fino al cibo. In mostra sono presentate tre versioni: una drappeggiata di pietre, un’altra di foglie d’oro (esposta l’ultima volta quasi vent’anni fa) e una terza (nella seconda sala) interamente ricoperta di pagnotte. Questi igloo sono meditazioni di Merz sull’individualità, sulla comunità, sul mondo esterno contro quello interno e sui nostri bisogni primari condivisi. Dominando la stanza, queste cupole imponenti, quasi ultraterrene, trasformano lo spazio in un santuario surreale. Disegni e dipinti si muovono intorno ad esse: forme naturali, forme animali e portali verso regni sia familiari che estranei. Merz invita gli spettatori a entrare in un sogno in cui nulla è come sembra, ma tutto sembra stranamente necessario.

 

Il cuore della mostra è Quattro tavoli in forma di foglie di magnolia (1985), al suo debutto europeo. Originariamente concepita per le mostre personali di Sperone Westwater e Leo Castelli negli Stati Uniti, quest’opera presenta il tavolo come simbolo di ospitalità, nutrimento e rituale domestico. La forma della foglia di magnolia, combinata con la superficie di cera, ricorda le fronde fluttuanti. Da questo materiale apparentemente morbido e fluido, emergono forme organiche – rami in pausa, foglie, esplosioni di colore e un raccoglitore traboccante di cera, come se fossero i resti di un tavolo da pranzo quotidiano. La fusione di elementi naturali e strutturali è uno studio di contrasti: la morbidezza è paradossalmente resa permanente dalla cera che si indurisce, creando un momento eterno di fluidità sospesa.

Mario Merz, Qualcosa che toglie il peso che mantiene l’assurdità e la leggerezza della favola. Courtesy Fondazione Merz.
Mario Merz, Qualcosa che toglie il peso che mantiene l’assurdità e la leggerezza della favola. Courtesy Fondazione Merz.

Nella stessa sala, le pennellate crude e quasi istintive di Merz animano le tele, che pendono come vessilli in un regno indomito e libero. Queste opere, sature dell’energia del mondo naturale, sono selvagge sia nella forma che nello spirito, un riflesso della costante ricerca di Merz di qualcosa di più profondo, qualcosa che vada oltre i vincoli del tempo e della società.

 

L’arte di Merz rivela una verità primordiale e universale, pur rimanendo intrisa di onirico e ultraterreno. La scrittrice italiana Elsa Morante ha scritto: “Il segreto dell’arte potrebbe risiedere qui? Ricordare come l’opera è stata vista in uno stato di sogno, raccontarla di nuovo come è stata vista, cercare soprattutto di ricordare. Perché forse tutta l’invenzione è ricordare”. È proprio questo il risultato di Merz: un atto d’invenzione che affonda le sue radici nella memoria, dove imperativi naturali e crudi convergono con sogni fugaci e tangibili. Questo atto pulsa attraverso le sue installazioni, i suoi igloo, i suoi tavoli, i suoi dipinti e le sue opere su carta, offrendo non solo un riflesso del mondo, ma un modo per abitarlo, per ricordarlo, per sognarlo di nuovo.

 

Per maggiori informazioni fondazionemerz.org.

Mario Merz, Qualcosa che toglie il peso che mantiene l’assurdità e la leggerezza della favola. Courtesy Fondazione Merz.
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