Nell’ultima Haute Couture l’estetica di CHANEL si traduce in una nuova forma di essenzialità, dove la raffinatezza incontra la spontaneità. La collezione si racchiude in un registro cromatico organico: ecru, muschio, avorio, castagna, nero profondo. Le silhouette, vagamente androgine, prendono in prestito le proporzioni del guardaroba maschile per restituire al corpo femminile la sua libertà. Nessun vincolo, nessuna costrizione: solo abiti che seguono il movimento e ne evidenziano la grazia.
Tra i protagonisti è il tessuto manifesto della maison, il tweed, riletto con in chiave inedita: diventa maglia in un coatdress bianco profilato da intrecci ricamati; si fa mohair nei toni del bosco e dell’uva matura; si mescola con piume e bouclé fino a evocare l’effetto della pelliccia. Il risultato di queste nuove esperienze è tattile e sofisticato. La campagna si trasforma così in haute matière.
Assistiamo alla comparsa di un’altra icona ricorrente nell’universo simbolico di Gabrielle Chanel: la spiga di grano che torna come dettaglio totemico. La si può trovare, cercando per bene, disegnata nei bottoni gioiello, ricamata sulle scollature, tessuta come piuma nei volant di chiffon. È un segno di abbondanza, sì, ma anche di radicamento della Maison e di continuità. Nel crescendo finale della passerella, la collezione si apre ad un’ultima parte della collezione luminosa e radiante: riflessi dorati, pizzi metalizzati, lamé nei toni bruciati dell’arancio e del rame.
Con questa collezione, CHANEL reinterpreta la couture come spazio di riflessione: non c’è nostalgia, ma memoria viva che si traduce in una forma sofisticata di essenzialità. È un ritorno alle origini con lo sguardo rivolto in avanti, la maison rinnova il proprio vocabolario estetico senza rinunciare alla sua identità. Un invito a riscoprire la forza elegante delle cose essenziali.