A KIND OF LANGUAGE

2025.01.29

Testo di Lucrezia Sgualdino

STORYBOARD AND OTHER RENDERINGS FOR CINEMA

 

La mostra curata da Melissa Harris esamina il processo creativo alla base della realizzazione di un film. L’esplorazione si fa strumento fondamentale di comprensione degli strumenti celati dietro le realizzazioni. 

Gli spazi di Osservatorio Fondazione Prada ospitano una mostra che esplora storyboard e altri materiali utili alla progettazione e realizzazione di una pellicola cinematografica. Vi sono moodboard, disegni, schizzi, scrapbooks, quaderni, sceneggiature commentate, fotografie. È un’indagine nella storia del cinema che raccoglie elementi creati a partire dalla fine degli anni Venti fino ad oggi. A Kind of Language: Storyboards and Other Renderings for Cinema è curata da Melissa Harris, che racconta come l’approccio di ogni regista possa essere differente, ma anche come creare gli storyboard sia sempre parte integrante del processo. Racconta quanto non sia stato semplice reperire tutto il materiale racconto per l’occasione, quanto importante sia stato tracciare un filo conduttore che avesse una coerenza anche all’interno degli spazi. Il disegno per alcuni è un elemento progettuale, per altri ha una funzione visiva, per altri ancora serve alla correzione di problemi di narrazione.

Gli storyboard hanno effettivamente un duplice scopo, dapprima quello di rappresentare la visione creativa del regista e, successivamente, diventano strumento di realizzazione tecnica delle scene di un film. Sono fondamentali dunque per riflettere, dosare, capire, ed entrare effettivamente nella storia. Hanno un ruolo chiave. Rappresentano la visualizzazione primordiale delle idee che vengono poi materialmente realizzate. Il processo, la collaborazione, il carattere umano, le idee, sono tutti parte del punto d’inizio di un processo ben più profondo e complesso.

Bruno Ganz in Wings of Desire, directed by Wim Wenders, 1987
© 1987 Road Movies – Argos Films. Courtesy of Wim Wenders Stiftung – Argos Films.
Bruno Ganz in Wings of Desire, directed by Wim Wenders, 1987
© 1987 Road Movies – Argos Films. Courtesy of Wim Wenders Stiftung – Argos Films.
Wings of Desire, directed by Wim Wenders, 1987
Poster drawing by Henri Alekans, 1987.
Courtesy of Wim Wenders Stiftung.
Wings of Desire, directed by Wim Wenders, 1987
Poster drawing by Henri Alekans, 1987.
Courtesy of Wim Wenders Stiftung.

L’allestimento è pensato da Andrea Faraguna, dello studio di architettura Sub. La stessa disposizione dei pezzi prende ispirazione della struttura di uno storyboard, punto di partenza e strumento essenziale alla composizione e alla comunicazione del processo che porta ad un prodotto finito.. L’ambiente rievoca il lavoro degli artisti in un’esperienza immersiva e spaziale. Ogni tavolo esposto è dedicato ad uno specifico film e presenta una sua controparte sospesa a soffitto, a creare un effetto ad imbuto verso la prospettiva unica sulla città. Questa visuale mette in dialogo gli spazi interni di Osservatorio Fondazione Prada con l’architettura speciale e potente dello spazio, una finestra sui tetti milanesi e le volte della Galleria. La disposizione dei materiali esposti è come un susseguirsi di scene all’interno di una pellicola. Il ritmo che è stato ricreato è fluido, scorrevole ed incalzante, guida il visitatore come se stesse passando attraverso diversi fotogrammi di uno stesso film. Gli obiettivi di questi strumenti utili all’elaborazione di un film sono diversi: la definizione del senso del luogo, l’identità dei propri personaggi. Nello studio di questi approcci, emergono sostanziali differenze metodologiche tra il cinema europeo e l’approccio americano, se il primo prevede una linea più artistica e artigianale, il secondo strizza l’occhio alla produttività e all’efficienza. Tutti gli elementi che registi, scrittori e sceneggiatori utilizzano per scrivere copioni hanno la qualità di essere considerati vere e proprie opere d’arte, uniche e personali, indicano sfaccettature che rimangono celate dietro aspetti visivi che ci sembrano apparentemente del tutto chiari. Ogni aspetto di qualsiasi realizzazione ha una profondità ben più intima di quello che ci immaginiamo nell’osservare la scena finita.

Salut les Cubains , directed by Agnès Varda, 1963.
Storyboards by Agnès Varda, 1962.
© Agnès Varda Estate – Agnès Varda.
Salut les Cubains , directed by Agnès Varda, 1963.
Storyboards by Agnès Varda, 1962.
© Agnès Varda Estate – Agnès Varda.
Stills from Salut les Cubains, directed by Agnès Varda, 1963. © 1963 Ciné-Tamaris.
Stills from Salut les Cubains, directed by Agnès Varda, 1963. © 1963 Ciné-Tamaris.
Stills from Salut les Cubains, directed by Agnès Varda, 1963. © 1963 Ciné-Tamaris.

Osservatorio è lo spazio di Fondazione Prada dedicato proprio alla ricerca di linguaggi visivi. La mostra è un viaggio paradigmatico attraverso un’atmosfera dedicata alla sperimentazione. Alla base della ricerca per le esposizioni vi è lo studio su possibili punti in comune tra la tecnologia e le varie espressioni culturali. Questa volta è lo storyboard ad essere il precursore di progetti di animazione di qualsiasi tipo, a rappresentare il trait d’union tra la persona e la narrazione, tra il regista e la scena. Serve al team, così come all’immagine, per capire esattamente cosa è bene realizzare e cosa no, qual è il punto di vista da rispettare e cosa invece è necessario rivedere e modificare. Le origini dello storyboard, pur essendo antichissime, sono visibili e radicate ancora oggi, nella sua utilità, nel suo essere strumento di miglioramento, nelle sue caratteristiche specifiche. Elemento centrale dell’intero allestimento è il tavolo da disegno, il piano inclinato che richiama alla mente la prospettiva focalizzata dei processi creativi tradizionali legati al cinema, ma anche la visione diretta di un punto di vista, dello spazio di lavoro dello stesso autore. Lo spazio è quello del lavoro creativo, il luogo in cui le idee vengono create, in cui le scene vengono inquadrate, in cui la mano precisa che mette a punto l’idea iniziale si lascia leggere e scoprire. 

Ward 81 Voices, directed by Martin Bell, 2023.
Camera notes by Martin Bell, 1976.
Courtesy of Falkland Road Inc.
Ward 81 Voices, directed by Martin Bell, 2023.
Camera notes by Martin Bell, 1976.
Courtesy of Falkland Road Inc.
Oklahoma!, directed by Fred Zinnemann, 1955. Storyboards by Agnes de Mille for “The Dream Ballet” scene, 1954.
Courtesy Jerome Robbins Dance Division, The New York Public, Library for the Performing Arts.
Barbarian Invasion, directed by Tan Chui Mui, 2021.
Storyboards by Tan Chui Mui, 2020. Courtesy of Tan Chui Mui.
Barbarian Invasion, directed by Tan Chui Mui, 2021.
Storyboards by Tan Chui Mui, 2020. Courtesy of Tan Chui Mui.

MALICK BODIAN

Adolescence

2025.11.11

Nel suo nuovo libro, Adolescence, Malick Bodian esplora la fragile soglia tra infanzia e maturità, costruendo un racconto di crescita e appartenenza dove i ricordi diventano paesaggio interiore e memoria condivisa.

Richard Prince

FOLK SONGS

2025.11.07

La nuova mostra di Richard Prince, Folk Songs, è come un disco che gira al contrario: una colonna sonora visiva della sua stessa leggenda. L’artista sostituisce l’ironia elettrica con qualcosa di più intimo, più umano: un ritratto e una playlist di immaginazione inquieta.

JEWELRY

Art Deco Revival

2025.11.06

Van Cleef & Arpels celebra l’eleganza senza tempo in un museo che è esso stesso protagonista. Un viaggio tra epoche e culture, dove l’Art Deco prende vita nel dialogo tra architettura e maestria orafa.

Friedrich Kunath

Aimless Love

2025.11.05

Friedrich Kunath si incontra con Bill Powers in una conversazione che sfuma il confine tra arte e confessione. Il loro scambio diventa un’esperienza nostalgica attraverso ricordi, humor e malinconia, tracciando il terreno emotivo della mostra più personale di Kunath fino ad oggi, Aimless Love.

DANIEL ARNOLD

You Are What You Do

2025.11.04

Con il libro You Are What You Do, nel teatro incessante delle strade di Manhattan, Daniel Arnold dà forma a un racconto di ironia e compassione, dove ogni gesto, ogni volto e ogni ombra contribuiscono a un mosaico che restituisce la città non com’è, ma come si sente.